La più che dignitosa carriera dei Silversun Pickups finora non aveva mai vissuto sussulti clamorosi: nei capitoli passati della loro discografia, infatti, era sempre mancato l’ultimo tassello, quello fondamentale per il definitivo salto di qualità. Poco male, perché con l’ottimo Better Nature il momento dei Silversun Pickups sembra essere finalmente arrivato.
La band losangelina abbandona in modo pressoché definitivo il collaudato marchio di fabbrica nu gaze per tuffarsi a capofitto nell’insidioso terreno del più semplice pop rock, dove le melodie vengono giudicate senza appello per quel che sono: il risultato è un album riuscitissimo, in certi frangenti addirittura commovente. Già, perché se c’è una parte del disco dove i Pickups svolgono il compitino con brani convincenti ma un filo accademici (Connection, Pin & Needles e Circadian Rhytm sono canzoni piacevolissime ma nulla più) nell’altra metà dell’album il loro songwriting decolla in modo tanto inaspettato quanto clamoroso, toccando vette altissime.
Per spiegare meglio il concetto è bene cominciare dalla traccia numero quattro, con la quale gli americani pescano probabilmente il ritornello della vita: Friendly Fires è brano semplicemente epico, capace di scatenare nel cuore dell’ascoltatore un impatto emozionale di rara forza. La successiva Nightlight è invece un singolo asciutto ed efficace, con arrangiamenti minimalmente ruffiani che portano a casa il massimo del risultato.
Un punto di forza del disco è indubbiamente rappresentato dall’alternanza vocale tra Brian Aubert e Nikki Monninger, visto che il maggiore spazio concesso alla bassista rappresenta una piacevole ventata di novità rispetto al passato della band. La schizofrenica e originale Tapedeck precede un altro momento meravigliosamente diretto dell’album: Latchey Kids è una melodia impossibile da dimenticare, probabile successo nelle radio di mezzo mondo se solo fosse stata un singolo dei Garbage.
L’album si conclude degnamente con The Wild Kind, dove i californiani riprendono brillantemente le vie del dream pop, alternando ancora un ritornello vincente a schitarrate che fanno sfiorare al brano i sette minuti di durata, manco fossero una versione infantile dei My Bloody Valentine. Non c’era miglior finale per un album eccellente grazie al quale la band oltrepassa gli schemi passati e spicca definitivamente il volo, rappresentando di fatto una delle rivelazioni del 2015 musicale americano.
(2015, New Machine)
01 Cradle (Better Nature)
02 Connection
03 Pins & Needles
04 Friendly Fires
05 Nightlight
06 Circadian Rhythm (Last Dance)
07 Tapedeck
08 Latchkey Kids
09 Ragamuffin
10 The Wild Kind
IN BREVE: 4/5