Ben Chasny è tutto fuorché un artista prevedibile. Non si sa mai dove andrà a parare, non si sa mai quali strane idee gli passino per la testa. In 17 anni ha trasformato Six Organs Of Admittance in un tempio di culto per gli amanti del folk più spigoloso e libero dalle costrizioni di genere, sia armoniche che strutturali, una sontuosa architettura contaminata con le avanguardie contemporanee.
Dopo quasi due decenni ci si aspetterebbe una chiusura quasi ortodossa dentro i confini del weird-folk, invece, come anticipato in “Ascent” del 2012, Chasny cambia nuovamente le carte in tavola. E le carte, precisamente quelle da poker, hanno una grande importanza per la nascita Hexadic. Chasny ha forgiato infatti un suo personale sistema di scrittura basato su un’oscura sovrapposizione di note musicali e sei carte da poker (il prefisso hexa viene da qui).
Accompagnato, tra gli altri, dal batterista Noel Von Harmonson, suo compagno di ventura nei Comets On Fire, Chasny dà vita a un lavoro feroce e aggressivo, abbandonando le trame acustiche per dar spazio a fiammeggianti chitarre iperdistorte.
Partendo quindi da una versione escoriante e hard-psichedelica proprio dei Comets On Fire, Chasny si concede libertà tonali jazzate, le note si muovono tra cartilagini lasse immerse in un acido sonoro abrasivo. Manca però un qualsivoglia appiglio melodico o un sentiero da seguire (eccezion fatta per l’oscillamento hendrixiano di Wax Chance), manca una trama che dia un’intelligibilità all’opera nella sua interezza.
Il tratto più interessante dell’intero tragitto lo si attraversa con Future Verbs e Vestiges, la prima atonale con stranianti passaggi cari ai Current 93 di David Tibet, la seconda è uno spettrale cluster dissonante sospeso tra nubi plumbee. “Hexadic” è un vortice che conduce verso zone caustiche dello spirito, ma l’impressione globale che si ricava è quella di un esperimento parecchio autocelebrativo e poco più, votato all’annichilimento senza compromessi ma senza riuscire realmente nell’intento.
Se volessimo star qui a raccontarcela, potremmo dire che “Hexadic” è un capolavoro di avanguardia psichedelica, un monumento di raffinata arte concettuale, ma sgomberando il campo da ogni tipo di snobismo, non si coglie il senso di questi 9 brani. Cosa vuole dirci Chasny con un album ai limiti dell’autismo, dominato da un forte senso estetico che sopprime però il coefficiente comunicativo? Non lo sappiamo, l’unica certezza che abbiamo è un’inattesa e dolorosa bocciatura.
(2015, Drag City)
01 The Ram
02 Wax Chance
03 Maximum Hexadic
04 Hesitant Grand Light
05 Hollow River
06 Sphere Path Code C
07 Future Verbs
08 Vestiges
09 Guild
IN BREVE: 2,5/5