Gli Slayer sono senza alcun dubbio LA storia della musica estrema. Asserire il contrario equivarrebbe a non condividere una realtà razionale col resto della senziente umanità. Che poi l’utilità delle loro pubblicazioni, col tempo, abbia perso parecchio in termini di innovazione è un altrettanto indubitabile fatto col quale, con un minimo di senso critico, chiunque potrebbe convenire. A ventotto anni dalla fondazione, la guerrafondaia formazione losangelina torna quindi ad incendiarci i padiglioni auricolari con il suo decimo album in studio di materiale inedito. C’era da riscattare “Christ Illusion”, vano tentativo di rispolverare le vecchie radici sanguinarie, di rinverdire i fasti del caposaldo assoluto “Reign In Blood”. World Painted Blood è ciò che serviva a rialzare la qualità di un songwriting tremendamente ortodosso ed ingobbito? Per certi versi, sì. La corazzata guidata da un sempre indemoniato Tom Araya rifila stilettate di thrash metal old-school con la stessa convinzione del passato. Stavolta la furia non appare un plastico amarcord, giusto per soddisfare chi rimase scontento da quel “God Hates Us All” che altro non era che un esperimento degli Slayer di non fare gli Slayer. Not For This God, World Painted Blood, Snuff, Psychopathy Redsono quadri di follia metallica slayeriana fino al midollo. Il riffing è teso come una corda d’acciaio pronta a spezzarsi e tramutarsi in ghigliottina vagante che vibra nell’aria. Kerry King e Jeff Hanneman si alternano agli assoli con la solita energia (anche se dobbiamo ammettere di non essere estimatori dei loro solos senza capo né coda) e la veemenza che è nel loro corredo genetico. Non soltanto le notorie scorribande in high speed supportate dal drumming di Dave Lombardo, ma anche accenti più mosh come la band non ha lesinato in passato (e posto nero su bianco mirabilmente nell’eccelso “Diabolus In Musica”): Beauty Through Order (con fortissime assonanze coi discepoli Lamb Of God), Human Stain dai toni d’incombente apocalisse umana. Ma è senza dubbio l’intimidatoria Americon il momento più alto di un lavoro compatto: belligerante marcia sulle ossa del nemico. Abbiamo appena detto un lavoro compatto. Sì, senza dubbio un album che non accusa cenni di cedimento, che procede spedito in tutti i suoi trentanove minuti di durata. Slayer al 100%, senza alcun compromesso. O li si ama o li si odia, non esistono alternative.
(2009, American Recordings)
01 World Painted Blood
02 Unit 731
03 Snuff
04 Beauty Through Order
05 Hate Worldwide
06 Public Display Of Dismemberment
07 Human Strain
08 Americon
09 Psychopathy Red
10 Playing With Dolls
11 Not For This God
A cura di Marco Giarratana