La storiella del secondo album che è sempre il più difficile nella carriera di un artista sarà anche un abusato refrain, ma in alcuni casi è più che verosimile. Prendete i Soviet Soviet: nel 2013 hanno esordito col trasversalmente apprezzato “Fate”, impegnandosi poi in un incessante vortice di date in giro per l’Italia e anche oltre, tanto da doversi ritagliare a fatica gli spazi per le puntate in studio di registrazione.
Una quantità di consensi, quella ottenuta col debutto, che ha fatto del loro secondo album uno dei più attesi di quest’annata made in Italy, inclusa una certa curiosità di vedere come i tre avrebbero saputo affrontare nuovamente il revival post punk senza ripetersi. I Soviet Soviet il secondo disco l’hanno pubblicato, si intitola Endless ed è un nuovo ottimo esempio di come non fossilizzarsi in una comfort zone, cogliendo gli input dati dalle esperienze e trasformandoli in crescita.
Nel caso specifico, la comfort zone dei Soviet Soviet era il post punk viscerale, l’immediatezza di mostri sacri quali i Joy Division, l’istintività di soluzioni conosciute a menadito e riproposte con perizia. Con “Endless” la band sembra aver messo da parte quell’istintività in favore di una maggiore cura del dettaglio, il che vuol dire suoni più compassati, arrotondamenti, smussamenti e un’attenzione per l’aspetto melodico delle tracce, laddove prima era invece il furore espressivo a dettare legge.
Rispetto a “Fate” manca qui qualcosa in termini di appigli, di rimandi cui le orecchie possano affidarsi durante l’ascolto (sebbene venga ripetutamente fuori il noise/shoegaze degli A Place To Bury Strangers, con cui hanno condiviso il palco), ma altro non è che il segno del buon lavoro di ricerca fatto nella direzione di una dimensione sempre più personale. Più difficile o meno, il secondo album ai Soviet Soviet è venuto bene quanto il primo, e tanto basta.
(2016, Felte / Black Candy)
01 Fairy Tale
02 Endless Beauty
03 Remember Now
04 Going Through
05 Star
06 Pantomime
07 Rainbow
08 Surf A Palm
09 Blend
IN BREVE: 3,5/5