Il problema degli Spoon è sempre stato lo stesso da sette album a questa parte (otto, compreso quello di cui ci apprestiamo a parlare): non si sono mai mossi di un passo dagli equilibri raggiunti agli esordi, sempre lì, immobili o solo minimamente scostati dalla loro dimensione. Cosa che ha avuto ed ha anche i sui lati positivi, perché aiuta a riconoscerli già al primo secondo d’ascolto, una firma più che leggibile. Cosa che, allo stesso tempo, ha finito un po’ per stancare. Insomma, loro maturano (o si presume lo facciano), il loro pubblico matura (o si presume lo faccia), quindi la necessità di una qualche svolta o di una qualche piccola variazione sul tema si fa ad ogni uscita più pressante.
They Want My Soul è, come si sarà capito, l’ennesimo lavoro degli Spoon nel senso più artistico e meno possessivo del termine. Ovvero è un album perfettamente prodotto, con le melodie giuste, un impeccabile uso dello strumento voce da parte di Britt Daniel (probabilmente il vero punto di forza dei texani) e il consueto stare con due piedi in una scarpa caratteristico della band di Austin, sempre a metà strada fra l’indole più pop e le ribellioni alternative che ardono dentro come un fuoco.
Sorvolando sul refrain a tratti fastidiosamente catchy del singolo Do You (che – la buttiamo là – sa un po’ di Twilight Singers), sull’indie-rock da classifica della title track e sulla monotonia di certi passaggi che avrebbero potuto essere più concisi, troviamo la volontà di tirare fuori dal cilindro qualche elemento di novità nell’uso dei synth: Inside Out, Outlier o la conclusiva New York Kiss, infatti, presentano un neanche troppo velato tentativo di alleggerire un po’ un sound altrimenti troppo legato ai soliti giri di chitarra.
Il risultato è apprezzabile nelle intenzioni (soprattutto in “Inside Out”, brano sensibilmente diverso dal resto del repertorio della band) ma povero nel concreto, circostanza comprensibile se si pensa che gli Spoon hanno deciso di muoversi in territori a loro poco noti. “They Want My Soul” si fa piacevolmente ascoltare e non merita un’insufficienza, ma il 6 politico cui Daniel e soci hanno abituato comincia a stare stretto anche a chi li ha sempre apprezzati.
(2014, Anti- / Loma Vista)
01 Rent I Pay
02 Inside Out
03 Rainy Taxi
04 Do You
05 Knock Knock Knock
06 Outlier
07 They Want My Soul
08 I Just Don’t Understand
09 Let Me Be Mine
10 New York Kiss
IN BREVE: 2,5/5