Certi artisti (?) sono talmente abili nell’autodefinirsi con le ragioni sociali adottate (Zero Assoluto ad esempio) o con i titoli dei loro dischi (questo The Illusion Of Progress) che vien voglia, a volte, di far loro un fragoroso e grato applauso. Bravi, clap clap! Per gli Staind progredire musicalmente è come inseguire una chimera irraggiungibile. E qui gli applausi iniziano a smorzarsi. D’altronde, dopo la sbronza seguita a ridosso di “Break The Cycle” nel 2001 (disco trascinato letteralmente dal singolone “It’s Been Awhile”, qui riproposto nell’ennesima, superflua versione acustica), i quattro di Springfield, Massachussets, hanno impacchettato solo roba di cui si può tranquillamente fare a meno (riserva fatta per il discreto “14 Shades Of Grey”). Le panze si sono riempite e la sonnolenza post-mega-pranzo è diventata coma profondo che si perpetra ancora oggi. Gli applausi son finiti da un pezzo. A regnare sovrana ed incontrastata è la solita e rinomata formuletta fatta di riffetti mezzi nu-metal (la moda è finita, qualcuno glielo dica) e linee melodiche che mai s’incazzano, anche quando sarebbe lecito. Tutto è qui un autentico cliché che porta al deterioramento di questo “The Illusion Of Progress” già al primo ascolto. Da ogni song sai già cosa attenderti non appena parte, e anche la semi-bravura del depresso cronico (per più della metà per mera posa commerciale) Aaron Lewis nel ricavare qualche ritornello apprezzabile è andata persa nell’ostinata ricerca della nuova ballad sbanca classifiche da dare in pasto al pubblico, soprattutto quello d’oltreoceano. Fred Durst non è più loro sponsor sbandierato ai quattro venti e gli Staind, adesso, sono costretti a muoversi con le loro gracili gambine tentando di spacciarci in maniera imperitura una nuova, eventuale “It’s Been Awhile”. Noi scribacchini con un minimo di sale in zucca, allora, malediciamo con tutta la nostra forza spirituale e morale il successo planetario che costringe certe band ad emulare se stesse all’infinito senza provare a sforzarsi di cavare dal buco nero della stitichezza compositiva qualcosa di diverso dal solito, qualcosa di utile per il mondo del rock. Brani come Save Me, This Is It, Believe, All I Want,Pardon Me, Tangled Up In You, Raining Again, The Corner, Nothing Left To Say – a conti fatti ben nove solchi su tredici – sono praticamente tutte ballate intrise di scarsa ispirazione che galleggiano nell’anonimato. Ricordare qualcosa a tre ascolti filati pare alquanto difficoltoso. Agli Staind piacciono da secoli gli Alice In Chains, il loro stile ce lo dice chiaramente, ma di gruppi di quel calibro ne nasce una ogni dieci anni, sì e no. Loro fanno parte della folta schiera degli eterni proseliti a cui piace(rebbe) stravendere ad ogni pubblicazione. Il buon rock non sta di certo da queste parti.
(2008, Atlantic / Roadrunner Records)
01 This Is It
02 The Way I Am
03 Believe
04 Save Me
05 All I Want
06 Pardon Me
07 Lost Along The Way
08 Break Away
09 Tangled Up In You
10 Raining Again
11 Rainy Day Parade
12 The Corner
13 Nothing Left To Say
– LIMITED EDITION –
14 It’s Been Awhile (acoustic live)
15 Devil (acoustic live)
16 Schizophrenic Conversation (acoustic live)
A cura di Marco Giarratana