I maestri del drone doom Sunn O))) tornano con una seconda fatica per questo atipico 2019 a nemmeno sei mesi dall’uscita dell’acclamato “Life Metal”. Il preannunciato Pyroclasts dovrebbe presentarsidunque come naturale prosecuzione e completamento del sound originale (e a tratti accattivante) del suo riuscito predecessore ma risulta in realtà tutt’altra tipologia di pubblicazione.
“Pyroclasts” nasce infatti da un processo compositivo del tutto differente rispetto alla regola, essendo frutto di lunghe sessioni di jamming e pratica tenute durante le registrazioni di “Life Metal”, e il lavoro nel suo complesso non fa nulla per nascondere questa natura casuale e fuori schema. Non c’è modo migliore di studiare e apprezzare il songwriting di una band se non quella di entrare nella consuetudine del suo approccio artistico. Da questo punto di vista “Pyroclasts” è sicuramente una affascinante rappresentazione di come Anderson e O’Malley possano affrontare la quotidiana ricerca musicale, perfezionata per giunta dall’idea concreta di farne un disco a tutti gli effetti e discostandosi dunque dalla pura improvvisazione. Con queste premesse eccitanti ci si aspetterebbe dunque un lavoro originale e soprattutto interessante, non solo per i fanatici del duo di Seattle ma anche per chi sia alla continua ricerca di stimoli autentici. In realtà è la forma propria di questo approccio a non funzionare appieno, soprattutto se relativa a un contesto ostico come quello del doom più estremo.
Quattro colossali composizioni si susseguono in un incedere che non offre particolari emozioni e fatica fin troppo a reggere il confronto col recente passato, specialmente se questo ha il nome di “Life Metal” e si è rivelato come uno degli episodi più dinamici e avvincenti dell’iconica discografia dei Sunn O))). È un lavoro pesante e complicato, da ascoltare più come un live album che come uno studio platter, cercando di apprezzarne l’intento avanguardistico e non fermandosi alla pura forma concreta. Carico di elementi riflessivi, si caratterizza appieno tra inserti noise (Kingdoms (G)) e ambient (Frost (C)) a distinguere ancora maggiormente questo disco da quanto ascoltato finora. Ma la staticità di fondo rimane, la longevità si azzera e finisce per essere un mero esercizio di stile adatto solamente agli estremi cultori del genere e perfezionisti della materia.
“Pyroclast” non è un brutto lavoro in senso assoluto ma rimane un prodotto ambiguo, difficilmente commestibile e che trova a fatica la sua collocazione in una discografia che ha sempre avuto la caratteristica di essere fondamentale dalla prima all’ultima nota. Di meglio c’è tutto il resto.
(2019, Southern Lord)
01 Frost (C)
02 Kingdoms (G)
03 Ampliphædies (E)
04 Ascension (A)
IN BREVE: 2/5