La parola “sopravvissuto” si riferisce, dizionario alla mano, a “chi si è salvato da una sciagura, da un disastro”. Ma il termine in questione ha anche un significato figurato, quello di “persona ostinatamente ancorata ai principi e modi di vita del passato”. Mischiando virtualmente le due definizioni verrebbe fuori un profilo che calzerebbe a pennello ai Cult: la band inglese ha superato le decadi e i cambiamenti di un mondo che si è velocemente allontanato dalla loro concezione di rock, oltre ad aver dovuto affrontare problematiche interne che hanno portato Ian Astbury e i suoi a svariate separazioni e reunion. Loro, però, sono sempre rimasti strenuamente legati al proprio credo stilistico, forti dell’ammirazione di una fetta di pubblico, a dire il vero sempre più esigua, che continua a mostrare devozione per quanto fatto in carriera.
Hidden City, così, oltre a essere il decimo lavoro in studio della band e l’immaginaria chiusura di una trilogia “spirituale” iniziata nel 2007 con “Born Into This” e proseguita nel 2012 con “Choice Of Weapon”, è soprattutto l’ennesima (in tutti i sensi) testimonianza di una classe che ha saputo fondere il rock e la new wave, rendendo gli anni ’80 ben più fragorosi di quanto siano mai stati. Complici la chitarra di Billy Duffy, vero ponte fra le diverse esperienze, e la voce di Astbury, un crooner che sa essere graffiante quando c’è da esserlo, caratteristiche che in questo nuovo lavoro la fanno da padrone.
Brani come No Love Lost, Dance The Night, G O A T, Avalanche Of Light e Heathens prestano il fianco a scorribande hard che rinverdiscono la parte corpulenta della band, nella sostanza l’aspetto più rappresentativo dell’intera parabola dei Cult. In Birds Of Paradise, invece, vengono maggiormente fuori i retaggi gothic, così come Deeply Ordered Chaos, Lilies e la conclusiva Sound And Fury fanno eccellere Astbury in quanto a espressività. E poi ci sono Dark Energy e In Blood, che sono la somma di tutto e, per questo, i brani simbolo di un lavoro che forse andava un po’ asciugato, ma non tanto nel numero di brani in tracklist quanto piuttosto in certi passaggi all’interno di ciascun pezzo.
Non sono molti i casi in cui un album, pur non facendo sentire nulla di nuovo, finisce comunque per soddisfare sotto agni aspetto, rispettando parametri storici e tecnici con passione e stile. “Hidden City” è uno di quei dischi e ricorda l’esistenza di una band come i Cult a tutti coloro i quali hanno volutamente dimenticato di farne menzione sui manuali del rock.
(2016, Cooking Vinyl)
01 Dark Energy
02 No Love Lost
03 Dance The Night
04 In Blood
05 Birds Of Paradise
06 Hinterland
07 G O A T
08 Deeply Ordered Chaos
09 Avalanche Of Light
10 Lilies
11 Heathens
12 Sound And Fury
IN BREVE: 3,5/5