Up To Anything è il primo passo discografico per gli australiani The Goon Sax, guidati da Louis Forster, figlio di Robert dei Go-Between, ed è un delicato tripudio di pop anni Ottanta tenero e senza accelerazioni, un passo sonoro ben dosato che non alza mai la voce. Ballate vagamente “stordite” che tra canto e atmosfere sembrano vivere in un distaccato mondo a parte, praticamente quei dischi che rilassano e fanno pensare cose dolciastre, specchi e riflessioni amarognole.
Tracce che non cadono nella dispersione e che nemmeno si rassegnano alle regole di mercato, un modo di lasciarsi andare all’ascolto con un bel senso di eleganza primaticcia, ancora raffazzonata, che piace e che sicuramente li porterà bel oltre la linea della “prima volta”. Il trio di stanza a Brisbane (il già citato Forster a chitarra e voce, James Harrison alla chitarra e la signorina Riley Jones alla batteria) disegna storie della propria generazione, di quella contemporaneità che li vede proprietari illusi e disillusi di un mondo “social” nell’asocialità.
E allora la rabbia passiva, la ribellione sottovoce che si tramuta in passività, emerge tra le spennate indolenti di Target, nella solitudine poetica di Telephone, nei sixties intramontabili di Susan e Anyone Else o nella finta spensieratezza di Maggie, poi con la suggestione folk di Making The Worst si abbraccia il disco e lo si stringe forte come un talismano salvifico.
(2016, Chapter Music)
01 Up To Anything
02 Sometimes Accidentally
03 Target
04 Telephone
05 Home Haircuts
06 Boyfriend
07 Sweaty Hands
08 Susan
09 Making The Worst
10 Anyone Else
11 Maggie
12 Icecream (On My Own)
IN BREVE: 3/5