
In giro da ormai una ventina d’anni, i londinesi The Horrors hanno probabilmente raccolto meno di quanto avrebbero meritato. Un po’ per la sfortuna di essersi ritrovati invischiati, a metà anni 2000, in un fumante calderone revivalistico che ha puntato (vincendo) su altri cavalli; un po’ anche per demerito proprio, se di demerito si può parlare, ché dipende sempre dai punti di vista. Perché la proposta di Faris Badwan e soci è sempre stata molto trasversale, eterogenea nelle fonti d’ispirazione e nella successiva messa in pratica, circostanza che non ha evidentemente contribuito a farli riconoscere e incasellare in un contesto ben specifico. Un sacco di citazionismo dark, fumi goticheggianti, shoegaze sbilenco, post punk lercio e clangori industriali, il tutto non sempre messo insieme in maniera ordinata, va detto. Tanto che nel 2021 la band era praticamente finita.
E invece no. Invece no perché i The Horrors sono tornati adesso con Night Life, il loro sesto lavoro in studio, il primo di una nuova vita artistica che li vede totalmente rimescolati come band. Innanzitutto della line-up originale restano i soli Rhys Webb (basso), Joshua Third (chitarra) e ovviamente Faris Badwan, che di questa formazione resta sempre il faro; con loro Jordan Cobb (batteria) e Millie Kidd (tastiere), nuovi e più giovani innesti che fanno la loro parte nel rilancio della band, perché di rilancio a tutti gli effetti si tratta. “Night Life”, infatti, pur non presentando chissà quale fulminazione compositiva, è un lavoro ben pensato e ben realizzato che aggiorna in maniera convincente la discografia dei The Horrors, puntando per larga parte sull’usato sicuro e quindi su ciò che di ottimo aveva fatto la band con dischi come “Primary Colours” (2009) e “Skying” (2001), praticamente gli higlights della loro produzione.
L’iniziale Ariel, ad esempio, è il giusto viatico al mondo dei The Horrors: beat dance che si fanno poco a poco sempre più insistenti, atmosfera rarefatta, Badwan che si atteggia à la Dave Gahan e il gioco è fatto. Silent Sister, invece, parte come se in cabina di regia ci fosse Trent Reznor per poi finire a guardare al Marilyn Manson più introspettivo e digitalizzato di “Mechanical Animals”. Il singolo The Silence That Remains ha una linea di basso scuola The Sisters Of Mercy ma sotto oppioidi, Trial By Fire chiama ancora in causa Manson e l’immaginario industrial (attestandosi come il pezzo più aggressivo del lotto), The Feeling Is Gone poggia su una sinistra melodia da limbo tra cielo e terra, More Than Life mette in mostra la capacità dei The Horrors nel saper essere pop e accessibili al punto giusto, stessa cosa che fa la conclusiva LA Runaway orientandosi però su un indie rock forse un pizzico banale.
Discorso diverso per Lotus Eater e When The Rhythm Breaks: se entrambe, infatti, si perdono in modo meraviglioso in elucubrazioni che possiamo benissimo definire ambient, con la seconda che lambisce persino territori drone, è la prima ad essere il vero pezzo immancabile dell’intero lavoro, oltre sette minuti di una trance scurissima e malinconica che sul finale accelera e con essa il battito di chi l’ascolta. Perfetta rappresentazione del mood e del titolo stesso del disco, quella vita notturna in cui pensieri e corpi si muovono silenziosi lasciando però scie pesanti. “Night Life” segna così l’ottimo ritorno di una band che temevamo si fosse persa, un punto di (ri)partenza che lascia ben sperare su quelle che potranno essere le loro evoluzioni future.
2025 | Fiction
IN BREVE: 4/5