La sfacciataggine con cui i Lumineers si rifanno vivi sul mercato discografico, quattro anni dopo l’omonimo esordio che gli è valso la fama mondiale, è tale da meritare quasi un premio, non fosse altro che per l’ostinazione con cui si ripetono e per il menefreghismo con cui ti spiattellano in faccia una mezzoretta di musica quasi li stessi aspettando da soli sei mesi.
Cleopatra, come si sarà intuito, è un sophomore completamente immerso in logiche che vanno ben oltre il limitarsi a quattro accordi sputati, ben oltre la banalità lirica e oltre persino le legittime ambizioni radiofoniche (che peraltro i Lumineers hanno già ampiamente soddisfatto col singolone “Ho Hey”). Questo è un disco – già il secondo – con cui tre ragazzi americani provano a spacciarsi per qualcosa che non sono, tanto in ambito folk quanto in quello pop, finendo col prendere in giro tutti e facendola incredibilmente franca (stando ai numeri). Quindi sì, un premio lo meriterebbero anche, ma non per il miscuglio di americana e folk pop che ci propinano.
Le undici tracce del disco, addirittura quattordici nella versione deluxe (vivamente consigliata agli autolesionisti), sono praticamente indistinguibili una dall’altra, un anestetico a rilascio continuo e prolungato che sortisce proprio l’effetto voluto, con il lalalalalala di Gun Song che segna un picco di fastidio che difficilmente verrà eguagliato nel corso dell’anno.
I Lumineers anche con questo “Cleopatra” si confermano un progetto che non ha le idee seppur semplici dei Mumford & Sons, che non ha nulla del minimalismo espressivo del folk con tutti i crismi e neanche i lustrini ben collocati del pop che conta, presuntuosi nel credere che possa bastare una produzione milionaria. Urticanti su tutta la linea.
(2016, Decca)
01 Sleep On The Floor
02 Ophelia
03 Cleopatra
04 Gun Song
05 Angela
06 In The Light
07 Gale Song
08 Long Way From Home
09 Sick In The Head
10 My Eyes
11 Patience
IN BREVE: 1,5/5