Nella Dublino del 2019 c’è una febbrile ispirazione a raccontare i sentimenti. La letteratura e la musica fanno a gara a passarsi questo testimone, creando un continuum dialettico. Una sottile linea rossa che congiunge Sally Rooney ai vari Girl Band, Fontaines D.C. e The Murder Capital: tutti esponenti di un nuovo umanesimo artistico che cerca di fornire le coordinate per declinare una realtà sempre più tumultuosa e inafferabile.
James McGovern e i suoi aggiungono qualcosa di personale alla narrazione: reagiscono a un dolore – il suicidio di un comune amico – rifugiandosi nell’arte, creando un ponte tra musica e poesia. Il titolo del disco, non a caso, riprende un sonetto di John Keats, già faro artistico dei concittadini Fontaines D.C. L’esordio discografico dei Murder Capital, al pari degli ultimi citati, mostra sonorità gravide di serrato post punk, sciorinato in una maniera leggermente diversa, più ombrosa e prevedibilmente funerea. When I Have Fears è proiettato su lande sonore piuttosto mature per essere un esordio e, a tal proposito, il motivo è la presenza in cabina di regia di Flood, al secolo Mark Ellis. Produttore di importanza storica, a Ellis dobbiamo capolavori come “From Her To Eternity” di Nick Cave & The Bad Seeds, “The Joshua Tree” degli U2 o “The Downward Spiral” dei Nine Inch Nails, senza dimenticare il suo ruolo di deus ex machina negli Smashing Pumpkins.
I dieci brani si palesano come necessarie litanie lenitive degli spiacevoli eventi occorsi alla band. L’apertura è affidata alle due facce di For Everything: inizialmente muscolare e greve con il gorgoglio del basso, il solenne incedere ritmico della batteria e le graffianti accelerate di chitarra; nella seconda parte i toni sono ammorbiditi dall’attitudine melodica del riff che sorregge il cantato ossessivo di McGovern. More Is Less è una sferzata nervosa in abito noise che ricorda in maniera evidente gli Idles, altra band di riferimento per i Murder Capital e per tutta la scena dublinese.
Con le due Slowdance i suoni si dilatano senza perdere, però, la febbrilità stilistica mostrata inizialmente.“On Twisted Ground ha una dimensione elegiaca, la sofferenza trasuda dai versi (<“Oh, my dearest friend / How it came to this / With your searing end / Into the abyss”) e dagli accordi in minore dell’accorato riff di chitarra. Il finale del disco vede succedersi una cupa e melanconica How The Streets Adore Me Now, sguarnita di qualsiasi artificio sonoro, e una ruvida Love, Love, Love in cui i Joy Division rivivono in un’atmosfera di sardonico romanticismo.
Tirando le somme, quello che più risalta di questo debutto è la sua diffusa ombrosità che rende la proposta artistica dei Murder Capital leggermente diversa da quella degli altri gruppi della scena dublinese. La buona notizia è proprio questa: il post punk, nel 2019, non ha alcuna intenzione di eclissarsi.
(2019, Human Season)
01 For Everything
02 More Is Less
03 Green & Blue
04 Slowdance I
05 Slowdance II
06 On Twisted Ground
07 Feeling Fades
08 Don’t Cling To Life
09 How The Streets Adore Me Now
10 Love, Love, Love
IN BREVE: 3,5/5