Il mondo dei The Ocean è costruito intorno a una narrazione su più livelli, in cui l’evoluzione della terra e delle sue primigenie forme di vita è strumento per pensieri di stampo filosofico. “Phanerozoic”, primo di un doppio album che non vedrà completamento prima del 2020, è permeato di riferimenti al lavoro di Nietzsche e al rapporto dell’uomo con il tempo, il tutto raccontato nel contesto cambrico di comparsa della vita sulla terra. Nonostante il continuo sviluppo del sound dei The Ocean, “Phanerozoic” è un platter più terreno e meno etereo del suo predecessore.
Come l’acqua era l’elemento preponderante in “Pelagial”, magistralmente espresso in composizioni più cangianti e multiformi rispetto al passato, qui è la terra a essere la costituente principale e la musica ne rappresenta perfetto veicolo. I ritmi accelerano, si fanno più serrati e costanti. C’è meno spazio per arrangiamenti melodici nonostante il disco sia comunque un massiccio esempio di sludge e post-metal dalle tinte progressive di cinquanta minuti, con tracce dalla durata media elevata e dalla costruzione decisamente articolata.
Ma quella che è l’abilità preponderante dell’ensemble tedesco è la capacità innata a creare composizioni complesse dalla eccezionale fruibilità. Sia che spingano sull’acceleratore (Cambrian II: Eternal Recurrence), sia che contengano i ritmi (Silurian: Age Of Sea Scorpions) i The Ocean riescono ancora una volta nel compito di coinvolgere l’ascoltatore di ogni estrazione senza particolare difficoltà, tra partiture che possono ricordare le atmosfere dei Tool come in Devonian: Nascent e una versione più progressiva e arrabbiata degli ISIS di “Oceanic” (Ordovicium: The Glaciation Of Gondwana)
Qualsiasi ne sarà l’effettivo retaggio storico (a parer di chi scrive: enorme) i The Ocean proseguono un percorso di eccellenza ormai difficilmente dissolubile e aggiungono un altro LP di fattezza esemplare a una carriera che tra alti e bassi si dimostra del tutto completa nel picco espressivo. Nell’attesa di cosa ancora potranno regalarci, “Phanerozoic” si attesta senza difficoltà tra i picchi compositivi del 2018 per struttura, pensiero e realizzazione, un viaggio che potrebbe essere perfetto se solo mostrasse più coesione (a livello musicale) tra i vari brani ma che rimane un esempio pressoché totale di metallo moderno.
(2018, Metal Blade)
01 The Cambrian Explosion
02 Cambrian II: Eternal Recurrence
03 Ordovicium: The Glaciation Of Gondwana
04 Silurian: Age Of Sea Scorpions
05 Devonian: Nascent
06 The Carboniferous Rainforest Collapse
07 Permian: The Great Dying
IN BREVE: 4/5