Dopo “Days Of Abandon” (2014), i The Pains Of Being Pure At Heart ritornano con The Echo Of Pleasure, album in cui la band newyorkese consolida definitivamente i cambiamenti apportati nel lavoro precedente. Dopo l’uscita di tutti i membri della formazione originaria – fatta eccezione per Kip Berman e Kurt Friedman – “Days Of Abandon” presentava caratteristiche assai diverse da quelle che li avevano contraddistinti dalla numerosa marmaglia di band del panorama indie.
Infatti, mancava quasi completamente quel contrasto, tipico dello shoegaze, tra i ronzii di fondo della chitarra e le dolci linee melodiche di voce e tastiere, e nel complesso spiccava una decisa vena pop dalla tessitura degli arrangiamenti, zuccherata dalla limpidezza delle linee vocali di Berman e Goma. In “The Echo Of Pleasure” la band compie una sterzata, quasi spudorata, verso lidi più melodici: scompare quasi completamente quel delizioso twee-pop proposto agli esordi, quei brani semplici, sentimentali e a volte un po’ingenui a là The Pastels, e quelle atmosfere trasognanti ed eteree a là Pale Saints e My Bloody Valentine vengono sostituite da strutture e arrangiamenti molto più articolati.
Le tastiere morbide e dolci degli inizi diventano talvolta invadenti e stucchevoli e si elevano, come in So True, a elementi imprescindibili della melodia; When I Dance With You è un brano che ricorda la versione più danzereccia dei New Order e, soprattutto nel ritmo incalzante della batteria e in qualche sfumatura dei synth, la sintassi dance degli LCD Soundsystem. Alcuni brani come Anymore, The Garrett e Echo Of Pleasure legittimano il sospetto che ci sia tutt’altra band dietro la composizione di questo lavoro: nelle trame sonore vengono inserite linee di basso ammiccanti, riff di chitarra e tastiere che talvolta assomigliano a pomposi inni e ritornelli molto melodici, non bilanciati dalle tradizionali distorsioni di fondo a cui aveva abituato la band.
Con “The Echo Of Pleasure” l’identità della band è stata fortemente compromessa da nuove soluzioni che nulla hanno a che fare con il caratteristico sound degli inizi. “Days Of Abandon” ci aveva già fornito dei segnali evidenti riguardo la volontà di cambiamento dei newyorkesi, ma non aveva tagliato definitivamente tutti i legami con il passato. L’unica costante rimane l’inconfondibile voce di Kip Berman che, nonostante si lasci andare a ritornelli più scanzonati e tutt’altro che malinconici, si esibisce con il suo solito timbro pulito e dimesso.
Per concludere, tralasciando il confronto con gli album precedenti, “The Echo Of Pleasure” è un lavoro scialbo, scevro di spunti interessanti, contaminato da un’insolita sfumatura dance e portatore di un pop che, seppur ben suonato, resta un’accozzaglia di idee scolorite e poco compatibili tra loro. The Pains Of Being Pure At Heart hanno inaugurato una nuova era, della vecchia rimangono solamente alcuni “echi” confusi e lontani.
(2017, Painbow)
01 My Only
02 Anymore
03 The Garret
04 When I Dance With You
05 The Echo Of Pleasure
06 Falling Apart So Slow
07 So True (feat. Jen Goma)
08 The Cure For Death
09 Stay
IN BREVE: 2/5