The Soft Moon, il progetto nato quasi unicamente dalle mani di Luis Vasquez nel 2009, è probabilmente uno dei pochi esempi di post punk industrial nato in epoca relativamente recente. Vasquez ha finora messo a segno quattro album, tracciando uno stile più o meno standardizzato ma diventando sempre più duro con il passare del tempo.
In Criminal sono presenti molte dele costanti che hanno accompagnato Soft Moon nelle precedenti composizioni, la collaborazione con Maurizio Baggio e la spola continua per le sessioni di registrazione tra Germania e Italia. Oltre alla scelta della location per le sessioni di registrazione (la Distilleria di Bassano del Grappa) e la coproduzione con Baggio, di italiano c’è ben poco all’interno dell’album; in caso contrario, difficilmente avrebbe suonato in modo così denso, sperimentale e cupo.
“Criminal”, è sicuramente il più estremo, in termini sonori, testuali e personali. Prende le mosse da un’infanzia violenta sviluppata nel lato oscuro della California, il deserto del Mojave al confine con il Nevada. Al centro dell’album convivono paesaggi desertici, escursioni termiche e ricordi di una vita indigente all’interno di un contesto familiare disperato. Nella mente di Vasquez, vergogna, senso di colpa e conflitti interiori non accennano a calmarsi. Buio, insomma, dentro e fuori.
Burn, il primo estratto dall’album, è una sequenza di linee di basso opprimenti e synth duri e colpi taglienti, con un finale che lascia poco spazio all’immaginazione: “Fire, Hell is where I’ll go to live, so I burn”. Give Something sembra quasi languida, con una voce più sottile si distingue in mezzo a echi sintetici, rintocchi profondi e intervalli che somigliano a serrature arrugginite. Like A Father ha un ritmo serrato e si avvicina di più a un esperimento techno: toni spettrali e chitarre serrate buttate in mezzo a tutto come fossero centinaia di motoseghe, aprono le porte a un dialogo immaginario tra Vasquez e una figura paterna da cancellare come se non fosse mai esistita.
Choke e ILL sono le due tracce maggiormente connotate da atmosfere industrial: distorsioni, batterie in loop e bassi sintetizzati si rifanno alle radici dei primi Nine Inch Nails. Occorre una mente coraggiosa per buttare fuori un carico così grande di emotività, dando vita a un lavoro intimo e confessionale, ma non si può negare l’evidenza delle contaminazioni di artisti che dell’industrial hanno contribuito a crearne i presupposti, storici e sonori.
Non si può sottovalutare un dettaglio del genere che, se nei generi melodici può essere meno evidente, nel caso dell’industrial risulta fondamentale per fare in modo che possa definirsi sgradevole e provocatorio. Non esistono alternative, occorre saperlo fare davvero: tutto il resto è plastica.
(2018, Sacred Bones)
01 Burn
02 Choke
03 Give Something
04 Like A Father
05 The Pain
06 It Kills
07 Ill
08 Young
09 Born Into This
10 Criminal
IN BREVE: 2,5/5