
Difficile capire se la mancanza di popolarità posso influenzare in qualche modo la definizione del culto o se il culto stesso sia causa del rimanere relegati a una nicchia. Probabilmente sono vere un po’ entrambe le cose, in maniera direttamente proporzionale. Fatto sta che i Throwing Muses in questo stallo alla messicana ci sguazzano ormai da oltre quarant’anni, sempre in bilico sulla loro musica fuori dal tempo, con Kristin Hersh che pare tanto amare quanto odiare in egual misura la sua creatura, messa spessissimo da parte per dedicarsi ad altro, per barcamenarsi in una vita certamente non da rockstar e per fare altra musica fuori dalla sigla Throwing Muses. Poi dal nulla, come niente fosse, la band torna in pista e ci regala un nuovo album, che di volta in volta ricorda il perché del piccolo culto creatosi attorno alla formazione americana e, come contraltare, anche il perché i Throwing Muses non abbiano mai varcato davvero il confine della propria bolla.
L’ultima rinascita di Hersh e i suoi è questo Moonlight Concessions, registrato in quel Rhode Island dove tutto era nato qualche decina d’anni fa ma pensato e scritto a Moonlight Beach, in una California assolata, lenta e indolente che inevitabilmente ha finito per influenzare, e non poco, le atmosfere del disco. A partire dall’iniziale Summer Of Love, infatti, appare chiaro come la dimensione acustica sia quella preponderante all’interno del disco, il tutto filtrato da archi mai invadenti ma essenziali nel sottolineare certi passaggi, come in Theremini, un’elegia psichedelica in cui la voce di Hersh sembra un miraggio lontano e ammaliante. Davvero una sensibile e stratificata evoluzione, quella che ha portato i Throwing Muses fino ad oggi partendo dal post punk dell’era 4AD.
L’acquoso arpeggio di Sally’s Beauty, il blues tenebroso che s’impossessa di You’re Clouds, le storie da periferia della vita che mastica Hersh, sono tutti elementi che contribuiscono a fare di “Moonlight Concessions” un lavoro ancora una volta a fuoco all’interno del percorso dei Throwing Muses. Un disco che è la fotografia di un momento, un momento che può essere stato ieri, può essere oggi o magari sarà domani, ché più che a una data appartiene a un luogo specifico, geografico e concettuale. Torneranno verosimilmente nel dimenticatoio i Throwing Muses, e con la band anche il ricordo sfocato che avremo della loro musica, di questo disco e di tutti gli altri. Ma prima o poi si ripresenteranno come ci fossero sempre stati, c’è da scommetterci.
2025 | Fire
IN BREVE: 3,5/5