Con Sincerely, Future Pollution il percorso di Taylor Kirk e i suoi s’ingarbuglia ancora di più: musicalmente è una vera svolta quella dei Timber Timbre, che mettono del tutto da parte l’acustica per immergersi e sommergerci con strati di synth scurissimi. E dal punto di vista lirico non è che la cosa corrisponda a un alleggerimento delle atmosfere, tutt’altro: quello qui affrescato è un quadro desolante, fatto di sentimenti e sensazioni che colano via dalla tela come se a nessuno importasse nulla della loro sorte, diretta conseguenza dell’impotente osservare un mondo sempre più ai limiti dell’umanità.
È la colonna sonora di una distopia senza margini di ritorno, in cui il fare confidenziale dell’iniziale Velvet Gloves & Spit è solo un inganno: l’inguaribile angoscia di Moment, la sporcizia industriale del singolo Sewer Blues, l’ansia che monta in Bleu Nuit e la conclusiva Floating Cathedral che pare scritta da un Nick Cave appena scritturato da David Lynch per la sua nuova pellicola, sono i passaggi portanti di un album che nel complesso ha un andamento piuttosto cinematico, anche in episodi più ritmati come quel funky dal sapore bowieano che è Grifting.
Stando così le cose, i Timber Timbre sembrano proprio aver dato vita a un passaggio fondamentale della propria discografia (giunta con “Sincerely, Future Pollution” al sesto sigillo), che da qui in avanti li porterà a non poter fare a meno di considerarlo il loro nuovo termine di paragone compositivo.
(2017, City Slang)
01 Velvet Gloves & Spit
02 Grifting
03 Skin Tone
04 Moment
05 Sewer Blues
06 Western Questions
07 Sincerely, Future Pollution
08 Bleu Nuit
09 Floating Cathedral
IN BREVE: 4/5