Alla fine è accaduto davvero. Dopo 13 controversi anni il disco rock più atteso di tutti i tempi (“Chinese Democracy” permettendo) ha finalmente visto la luce e di certo rimarrà per molto tempo il principale argomento di discussione per chi di musica dura è appassionato. 13 anni di dichiarazioni a singhiozzo, mezze promesse, annunci e smentite, cause legali e screzi che, in più di una occasione, han quasi fatto perdere la speranza a una fan base tanto eterogenea quanto devota nei confronti di un ensemble che definire “cult” è quasi riduttivo. Fear Inoculum è già di base un disco dalla portata storica indefinibile. Qualsiasi prodotto si faccia attendere per così tanto lo sarebbe (esulando dall’effettivo valore musicale) ma un lavoro dei Tool, per tutto quanto hanno rappresentato nelle ultime tre decadi di musica contemporanea, si erge immediatamente allo status di classico e potrebbe permettersi di trascendere senza indugio da qualsiasi giudizio di merito. Rimane comunque il fatto che musica, parole e sensazioni sono finalmente e reali e parlarne non solo è inevitabile ma rende onore al tempo investito solamente a immaginarlo.
Anticipato dal singolo omonimo e da qualche live performance di Invincible e Descending, Fear Inoculum è un percorso di 86 minuti composto da 10 tracce (nella più ricca versione digitale): 6 mastodontiche composizioni da oltre 10 minuti ciascuna e 4 interludi il cui solo Chocolate Chip Trip merita almeno la menzione. Album lungo e inevitabilmente complesso, rappresenta al 100% un concetto musicale non particolarmente evoluto durante la gestazione nonostante la stessa sia durata oltre una decade causa fini perfezionistici, come riferito alla BBC dallo stesso Keenan a poche ore dall’uscita.
Gli elementi che han reso unico e inimitabile il sound progressivo dei Tool sono dunque presenti ma esaltati in misura differente rispetto al passato. Se Jones e Chancellor rinunciano in parte alla loro usuale centralità, con le dovute eccezioni, a favore di un contributo più accompagnatorio favorito dalle molteplici parti strumentali, Maynard James Keenan offre la solita superlativa performance sia dal punto di vista tecnico che interpretativo pur non raggiungendo mai quei picchi espressivi che han contribuito a rendere immortale “Lateralus” (2001). Mattatore assoluto di tutto il platter risulta quindi Danny Carey che innalza lo standard della propria performance a livelli forse impensabili e guida l’ora e mezza di musica con maestria tra ritmi tribali (Fear Inoculum) e partiture dalla forte individualità (Invincible).
Ma è come ogni componente viene mixato a definire la personalità del platter e purtroppo “Fear Inoculum” mostra già dai primi ascolti quella che un orecchio pignolo percepirebbe come una debolezza. Fatta eccezione per la stupenda 7empest, tutti i colossi che formano il disco replicano nella propria progressione uno schema vagamente similare, descrivendo un incedere che accompagna da un intro lento e intimistico verso un climax che solo nella seconda metà del pezzo esprime tutto il potere che una musica tanto caratteristica può offrire. In questo cammino è la sola 7empest a emergere nella sua interezza, senza mai calare di ritmo nonostante il minutaggio importante e riuscendo in quello che tutto il resto del lavoro fatica un po’ a fare: divertire.
Rimane indubbio che “Fear Inoculum” sia un insieme di grande musica e merita tutto il tempo che la community (non solo metallica) gli dedicherà nel prossimo futuro. Vero è anche che quando si tratta di un’istituzione come i Tool le aspettative non possono che essere elevatissime e c’è bisogno di un capolavoro per accontentare il pubblico più affamato che ci sia. Ci portiamo a casa una prova di buon livello che rischiava di essere arrogante ma che infine risulta quasi umile nel rivelare, sin dal principio e senza filtro, le sue maggiori mancanze.
(2019, Tool Dissectional / Volcano / RCA)
01 Fear Inoculum
02 Pneuma
03 Litanie contre la Peur
04 Invincible
05 Legion Inoculant
06 Descending
07 Culling Voices
08 Chocolate Chip Trip
09 7empest
10 Mockingbeat
IN BREVE: 3,5/5