A ventisei anni Mackenzie Scott non è certo un’adolescente, eppure pare aver raggiunto solo adesso quella tender age in bloom di nirvaniana memoria che ogni musicista prima o poi raggiunge, artisticamente parlando, s’intende. Torres lo fa con Three Futures, terzo album che è il suo esordio su 4AD e una sorta di nuovo inizio sotto diversi punti di vista.
Il primo di questi è strettamente concettuale, con la sessualità della Scott che si palesa in tutta la sua irruenza, abbatte muri e barriere fisiche e mentali per esprimersi così come le viene, senza troppe sovrastrutture. Parla di pulsioni Mackenzie, parla di eccitazione, del corpo e della (ri)scoperta del suo corpo, senza perdersi troppo in metafore ma andando dritta al punto, come si confà alla sua musa della prima ora: stiamo parlando di PJ Harvey.
Ecco, se nell’omonimo esordio del 2013 e nel successivo “Sprinter” del 2015 apparivano indubbi gli insegnamenti di Polly Jean (ma anche l’influenza di Anna Calvi), qui in “Three Futures” il rock carnale harveyano lascia spazio a dei finimenti di natura alt rock che trovano il proprio punto di riferimento in un’altra meravigliosa artista, un’artista che ha saputo coniugare come pochi altri istintività e cerebralità: stiamo parlando di St. Vincent. Dal punto di vista espressivo, sì, sebbene Annie Clark giochi molto di più sull’ironia, ma anche e soprattutto da quello musicale: tante pulsazioni sintetiche e ritmiche ossessive (Skim, Righteous Woman, Greener Stretch) che hanno come scopo quello di attirare l’attenzione sulle parole, sottolineandone le chiavi di volta.
La produzione, affidata ancora una volta Rob Ellis, è decisamente meno ariosa che in “Sprinter”, incentrata su una sporcizia elettronica dal sapore industrial che confonde fin quasi a nasconderlo del tutto il gioco della chitarre della Scott. Un nero confermato anche da quel paio di episodi in cui Torres si fa goticheggiante (Helen In The Woods, Concrete Ganesha).
È un lavoro decisamente meno immediato dei precedenti questo “Three Futures” e, a dirla tutta, non proprio ogni passaggio è convincente al 100% (a volte si perde in qualche eccesso di forma), ma Torres ha dimostrato ancora una volta di essere una delle songwriter più interessanti in circolazione, brava tanto nello scrivere i pezzi quanto nell’interpretarli e nel cambiare registro sonoro a seconda del loro significato.
(2017, 4AD)
01 Tongue Slap Your Brains Out
02 Skim
03 Three Futures
04 Righteous Woman
05 Greener Stretch
06 Helen In The Woods
07 Bad Baby Pie
08 Marble Focus
09 Concrete Ganesha
10 To Be Given A Body
IN BREVE: 3,5/5