Partiamo da un principio: gli U2 non sono un gruppo ordinario, ma un archetipo che non necessita di alcuna premessa. Negli ultimi vent’anni (in realtà sarebbero molti di più) ogni trovata commerciale-discografica riguardante la band di Dublino è stata massacrata, a torto o ragione, con una stizza degna dei peggiori crimini contro l’umanità. A un certo punto della loro carriera, gli U2 hanno realizzato tutto su scala monumentale, anche gli errori. Fa sorridere a questo proposito Alexis Petridis che sul The Guardian ricorda quando restarono bloccati dentro il limone gigante del “PopMart tour” del 1998 o la debacle che coinvolse “Songs Of Innocence”, caricato automaticamente (rectius: imposto) nelle librerie degli utenti di iTunes.
Detto questo, Songs Of Surrender non fa eccezione. Viene accolto dai più come l’ennesimo disastro planetario del gruppo. Ma qui il discorso è diverso. The Edge ha affermato che “Songs Of Surrender” è stato realizzato con la consapevolezza che la maggior parte dell’ascolto oggi avviene su supporto mobile e tramite auricolari. Ma non si tratta solo di questo. Il calo drastico della soglia d’attenzione degli utenti e lo spostamento della fruizione musicale su Tik Tok hanno giocato un ruolo importante. Se così non fosse non si spiegherebbe la bruttezza oggettiva del 90% degli arrangiamenti dei pezzi, mitigata in qualche caso dalle immagini dei filmati brevi dei vincitori del contest 40 Creator, della durata di un minuto scarso. Questo è il caso di Stories For Boys, With Or Without You, I Still Haven’t Found What I’m Looking For, Beautiful Day, Pride (che rimane terrificante a prescindere dalla clip).
I nuovi arrangiamenti, strutturalmente non radicali, lasciano le melodie praticamente intatte ma le riducono a canzonette rivestite con tessuti più che scadenti. L’intro di All I Want Is You affidato a un organo effettato come se fosse musica per bambini, Sometimes You Can’t Make It On Your Own intervallata da una marcetta stile esercito britannico, la sideralità di Electrical Storm massacrata nella parte finale alzata di due toni. “Songs Of Surrender” propone tracce monumentali in modo più introspettivo, riducendone la portata ma restringendo l’attenzione.
La domanda a questo punto è: dentro questa raccolta, c’è qualcosa in grado di competere davvero con la versione originale? Strano a dirsi, date le premesse, ma la risposta è: forse sì. Due sono le riletture degne davvero della magnificenza dei quattro dublinesi: Stay (Far Away, So Close!), la connessione perfetta tra piano e voce e 40, minimale, silenziosa e fortunatamente priva della paraculaggine che contraddistingue la nuova Walk On (Ukraine). Gli U2 sono un caso senza precedenti nel mondo discografico: una band insieme da cinquant’anni, con la stessa formazione iniziale, che continua a vendere e a riempire gli stadi. Qualcuno sentiva l’esigenza di una raccolta come questa? No. Qualcun altro continuerà ad ascoltarli nelle loro vesti migliori? Assolutamente sì.
— 2023 | Universal/Island —
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