Negli ultimi giorni ha destato particolare scalpore la proposta di legge, supportata da una lettera di Mogol agli associati SIAE, che renderebbe obbligatoria una quota fissa di musica italiana nella programmazione giornaliera delle radio nazionali. A prescindere dalla valutazione sull’utilità della proposta in sé, sulla scorta di un pronostico rispetto a cosa andrebbe o meno in onda, se solo fosse minimamente presa in considerazione l’ipotesi di riascoltare in radio artisti come Umberto Maria Giardini, come effettivamente avveniva ai tempi del primissimo Moltheni, potrebbe essere una piccola epifania. UMG ha sempre viaggiato su standard qualitativi altissimi in termini di poetica e perfezione compositiva in tutti i suoi progetti sonori, da Moltheni a Stella Maris fino alle sue composizioni da solista. Anche oltre i confini nazionali, non sono molti gli artisti che, a oggi, riescano a coniugare una lirica tutt’altro che scontata, cruda, sensuale ma mai volgare, con un suono completo, ruvido e autentico.
Gli ascoltatori più attenti avranno notato che il titolo del quarto album marchiato con nome e cognome, Forma Mentis, è un residuato bellico ex Moltheni; il contenuto però no, non è stato riesumato, è fiammante e brilla di luce propria come l’insaziabile creatività dell’artista marchigiano. Rispetto al precedente “Futuro Proximo” (2017), “Forma Mentis” è molto più increspato e cattivo, tranne che per un verso: UMG ha il dono immenso di raccontare la sensualità, attraverso un universo di metafore sorprendentemente trasparenti.
Così succede con la opening track La tua conchiglia, andando oltre l’allegoria nominale, quando una manciata di versi (”Vita mia, vita tua, vite che si intrecciano al ramo del tempo come l’edera, difendono i confini amatoriali ballando in cerchio il tip tap, lottando in apnea in fondo al mare blu dell’Elba”) precedono una scarica di rullante e un riff di chitarra che vanno oltre il concetto di seduzione stessa. Al centro di tutto l’album, psichedelie antiche e ancestrali, incisioni analogiche e vecchie conoscenze particolarmente efficienti (tre su tutte, gli archi di Tenebra sono opera del maestro Carlo Carcano, chitarra e batteria della title track sono di Adriano Viterbini e di Emanuele Alosi) imbastiscono un lavoro composto di dodici tracce contraddistinte da una densità emotiva e stilistica che non tradisce per nulla le aspettative.
La voce di UMG non è mai stata così potente ed evocativa: sullo sfondo un decadentismo manifesto, tutt’intorno le dicotomie stagliate tra forte e adagio, schiaffi e carezze, urla e sussurri diventano un mezzo per narrare le profezie di Argo (”Moriremo di noia, pagheremo le multe, brinderemo con acqua infetta”), la rabbiosa rassegnazione di Di fiori e di burro (”Guarda me ridotto a urlare e i miei perché ridotti a carta straccia”), la delicatezza di Luce, l’efferatezza de I miei panni sporchi, l’intermezzo strumentale Vortice cremisi.
“Forma Mentis” significa letteralmente “struttura mentale, soprattutto con riguardo al modo di considerare e intendere la realtà, quale si determina nell’individuo, per indole e per educazione”. Ancora una volta, Umberto Maria Giardini interpreta e anticipa in maniera quasi imbarazzante l’apoteosi di declino a cui ci stiamo condannando continuando a credere che la mediocrità sia sufficiente a stimolare l’intelletto. Come ci augura lui stesso, “che la consapevolezza della decadenza che oggi viviamo, sia con voi tenendovi per mano, tenendovi svegli”.
(2019, Ala Bianca)
01 La tua conchiglia
02 Luce
03 Pleiadi in un cielo perfetto
04 Argo
05 Materia nera
06 Di fiori e di burro
07 Le colpe dell’adolescenza
08 I miei panni sporchi
09 Tenebra
10 Vortice cremisi
11 Pronuncia il mio nome
12 Forma Mentis
IN BREVE: 4/5