Nonostante le maggiori critiche ai suoi lavori abbiano sempre riguardato proprio l’aspetto lirico, quella di Umberto Giardini può essere considerata, da sempre, un po’ una missione: scrivere testi verbalmente ricercati ma non per questo verbosi, complessi ma non per questo cervellotici. L’obiettivo era questo quando si celava dietro lo pseudonimo Moltheni e scriveva le prime, fondamentali pagine della sua carriera ed è questo anche adesso che ha deciso di mettere in soffitta il vecchio moniker per esporsi col suo nome di battesimo.
Protestantesima, così, s’incanala anch’esso in quel solco già parecchio profondo in cui il cantautore marchigiano ha seminato la magia di un songwriting fatto d’immagini forti accostate a una sensibilità unica, di sferzate strumentali e subitanee immersioni nella morbidezza. Il tutto messo in piedi con una rotondità che non lascia fuoriuscire un solo spigolo, riscontrabili scavando in profondità ma ben smussati per non urtare in alcun modo e lasciar scorrere l’ascolto con tranquillità.
E anche questo lavoro è un continuo gioco di contrari come i predecessori, pur nella sua diversificazione compositiva rispetto ad essi. Trovi chitarre graffianti nella miglior tradizione del rock italiano, nella title track che apre il disco o in Pregando gli alberi in un Ottobre da non dimenticare. E poi trovi l’acustica cantautorale di Seconda madre o della ghost track 6 Aprile (qui si parla del tragico terremoto de L’Aquila). C’è il sapore vagamente progressive della languida Sibilla o di Molteplici e riflessi, ma anche la convivenza fra ritmica tribale, pianoforte e fiati di C’è chi ottiene e chi pretende. Così come l’invettiva de Il vaso di Pandora (“…ma d’altronde a Milano il denaro serve soprattutto perché piace la cocaina”) si contrappone alla malinconia – questa sì, decisamente moltheniana – di Urania.
Per i canoni di Giardini in questo “Protestantesima” c’è molta meno intimità e più attenzione per tematiche trasversali, il che rende meno criptico un album che si fa forte di un approccio sperimentale dato ad un impianto, quello cantautorale italiano, che per definizione affonda nel classicismo le sue radici. Prodotto alla grande da Antonio “Cooper” Cupertino, “Protestantesima” potrebbe davvero rappresentare la miglior opera mai intarsiata da Moltheni / Umberto Maria Giardini.
(2015, La Tempesta)
01 Protestantesima
02 C’è chi ottiene e chi pretende
03 Molteplici e riflessi
04 Il vaso di Pandora
05 Seconda madre
06 Amare male
07 Sibilla
08 Urania
09 Pregando gli alberi in un Ottobre da non dimenticare
10 6 Aprile (bonus track)
IN BREVE: 4/5