La vera sfida del mondo musicale attuale è distinguersi. Siamo bombardati da migliaia di uscite settimanali, tendenzialmente caratterizzate da un livello qualitativo medio/alto e che beneficiano di una esposizione mediatica molto forte, senza particolari esclusioni. Per gli svedesi Usurpress, band attiva dal 2010 in quel di Uppsala, la parola magica è senza ombra di dubbio “varietà”.
Un esordio troppo classico e scolastico, seguito da due lavori che sì, evolvono linee ed atteggiamento, ma complice una resa complessiva scontata non han permesso ai quattro figli dello swedish death di emergere dal ribollente calderone del metallo estremo scandinavo. Interregnum è, inaspettatamente, un punto di svolta. Non si contano le multiple influenze rinvenibili all’interno di questo LP dalla durata fin troppo ridotta; elencarle risulterebbe un noioso esercizio di stile per cui basti sapere che la base di death metal nordico trova modo di ampliarsi e raccogliere intenzioni, pensieri e volontà tra le più disparate, spesso in una forma del tutto innovativa e che merita una analisi dettagliata.
L’opener A Place In The Pantheon è già identificativa del mood di tutto il platter. Oltre quattro minuti di un sognante intro narrato che pesca a piene mani dal prog anni ’70, con una chitarra dal forte accento gilmouriano. Il metal che sembra soltanto un lontano compagno tra le singolari linee eteree torna prepotente nella successiva Interregnum, title track di puro metallo estremo e devota al primitivo stile della band.
In Books Without Pages è ulteriore prova, assieme alla successiva Late In The 11th Hour, dell’estro dei ragazzi svedesi. Nel primo caso è un gothic/noir particolarmente atmosferico a intervallarsi con un death/doom che profuma di primi anni ’90. La componente Opeth dei primi due lavori è forte e le tastiere non lo nascondono, creando scure melodie caratteristiche degli albori di Akerfeldt e soci. Il secondo brano è il punto più alto di tutto “Interregnum”. Il death metal ora atipico trova sfoci di una bellezza mozzafiato: un approccio prog è base di un pezzo cangiante e riuscito in ogni sua forma. Stacchi evocativi ben supportati dal drumming di impostazione jazz di Stefan Hildman (gran turnista, senza ombra di dubbio) aprono a un closing maestoso e funereo degno di un doom riuscito e coinvolgente.
Le successive tracce ridimensionano a tratti gli standard della prima metà del disco: la struttura prog è colonna portante dell’incedere dei pezzi che forse non brillano di luce propria come i precedenti e sono, più che in altri momenti, coerenti con uno stile che nel caotico melting pot dovrebbe trovare più linearità; tendenza confermata da un piacevole finale (The Vagrant Harlot) a metà tra Amon Amarth e un hard rock oscuro di matrice ottantiana, ma decisamente fuori contesto.
Le idee sono molteplici, la voglia di sperimentare nuove soluzioni permea quasi ogni traccia e in ottica di sviluppo sonoro le possibilità sono svariate per emancipare definitivamente gli Usurpress da un ambiente che pare essere ora troppo ristretto. Un songwriting più ragionato e meno condizionato dall’odierna irruenza potrà essere garanzia di opere più coese nel loro progresso.
(2018, Agonia)
01 A Place In The Pantheon
02 Interregnum
03 In Books Without Pages
04 Late In The 11th Hour
05 Ships Of Black Glass
06 The Iron Gates Will Melt
07 The Vagrant Harlot
IN BREVE: 3,5/5