Su queste stesse pagine chiudevamo la disamina del primo volume chiedendoci cosa avrebbe potuto riservare Endkadenz Vol. 2, se un prevedibile lato B o qualcosa di non accomunabile. La risposta, una volta spacchettata questa seconda metà, si cela in una via di mezzo che non scompiglia del tutto le carte fra le mani di Alberto, Luca e Roberta ma stringe ancor di più la spirale sonora della band.
Che si tratti di brani partoriti tutti in un’unica sessione di lavoro, i primi 13 e quest’altri 13, è cosa chiara. Lo dimostrano Cannibale, Colle immane, le due Fuoco Amico (con la seconda che nel finale, però, cambia completamente registro), Troppe scuse e Caleido, che hanno quel piglio chitarristico pesante che in Vol. 1 la faceva da padrone, figlio della formazione nineties di Alberto e Luca, cresciuti a pane e Melvins. In generale, gli elementi riscontrati in Vol. 1 compaiono anche qui ma sottostanti a priorità un tantino diverse.
Quello che nel Vol. 1 mancava è il lavoro di stratificazioni che nel Vol. 2 regala a svariate tracce una complessità musicale frutto di quanto la band aveva iniziato a fare col precedente “Wow”: è così che in Dymo ritorna quel pianoforte tanto caro agli ultimi Verdena, per un brano che dalla metà in poi si perde in una divagazione che potrebbe non finire mai, che poi è anche l’effetto complessivo dell’album. Un blu sincero, al netto dell’esplosione della parte centrale, si fonda su ritmi in levare di scuola Clash. Identikit, probabilmente la traccia migliore dell’intero progetto “Endkadenz”, si giova di atmosfere à la “Planet Caravan” dei Black Sabbath miscelate con quella psichedelia che i Verdena dimostrano di possedere sempre più. Come nel Vol. 1 anche qui c’è una puntata quasi cantautorale con Nera visione, ma è solo un momento che finisce per perdersi fra l’acidità di Lady Hollywood, la scurissima strumentale Natale con Ozzy (toh, rieccolo) e il valzer vorrei-ma-non-posso della conclusiva Waltz del Bounty.
Alla fine di questo faticoso giro di giostra lungo 26 canzoni, ciò che resta è in primis la consapevolezza di come i Verdena siano rimasti fra i pochi, in Italia, a coniugare la propria lingua madre con una sperimentazione mai sopita, senza per questo perdere pezzi (tutt’altro, in realtà) in fatto di appeal o semplicemente di vendite. In secondo luogo la presa di coscienza di una verve compositiva che dopo quasi vent’anni di carriera non accenna a scemare, facendosi anzi sempre meno arginabile. Tutto ciò vorrà pur dire qualcosa, a prescindere dall’apprezzamento o meno nei loro confronti.
(2015, Universal)
01 Cannibale
02 Dymo
03 Colle immane
04 Un blu sincero
05 Identikit
06 Fuoco amico I
07 Fuoco amico II (Pela i miei tratti)
08 Nera Visione
09 Troppe scuse
10 Natale con Ozzy
11 Lady Hollywood
12 Caleido
13 Waltz del Bounty
IN BREVE: 4/5