Vic Chesnutt è costretto in una sedia a rotelle dal lontano ‘83. La sua storia è nota: il musicista americano aveva poco più di vent’anni quando si schiantò con l’auto mentre era sotto effetto di alcol. Rimase paraplegico. La sua vita cambiò, ma non quella bramosia di musica che lo aveva conquistato sin da piccolissimo. Una vicenda che ricorda da vicino quella di Robert Wyatt, anche lui paralizzato dal destino crudele, anche lui rinato da una insaziabile voglia di vita.
Insomma, quel maledetto giorno X, Vic perse le gambe ma non il desiderio di suonare la sua chitarra. Tanti, tantissimi dischi all’attivo negli anni ‘90, un’amicizia con Michael Stipe maturata in quel di Athens, la sua sei corde prestata a decine di progetti musicali e poi il connubio con i membri dei A Silver Mt. Zion e con Guy Picciotto (Fugazi) a partire da “North Star Deserter” del 2007. Oggi il perfect circle ritorna insieme per la pubblicazione del nuovo disco di Chesnutt: At The Cut. Un album che, come un buco nero, riesce a rapire e portare via con sé in luoghi sconosciuti.
La voce di Chesnutt è il ruggito di un vecchio leone costretto senza corona, ma non per questo privo della sua fierezza. Vic scolpisce i suoi celebri epigrammi sulla vita, sulla miseria, sulla sua condizione, sugli errori, sul rialzarsi metaforico con grande capacità creativa. La sua condizione s’è detto: il tema della paralisi trova spazio in It Is What It Is dove Vic canta “sono un mostro, come Quasimodo” giocando col suo corpo incompleto e con lo sguardo che il mondo ha nei confronti dell’apparenza (“Appearance is everything so nothing is how it seems. In a market economy it’s called marketing”).
“At The Cut”, poi, vive di un commento sonoro di grande impatto con l’incontro tra due diverse anime musicali: da un lato gli arpeggi country di Vic ora sonnecchianti, ora arrabbiati. Dall’altro gli arrangiamenti neri degli A Siver Mt. Zion fatti di archi affumicati, chitarre a pugni duri e un’epicità affidata a violini e a quella pozione magica che ha fatto grande l’ex combo dei Godspeed You! Black Emperor. Senza dimenticare le parentesi prettamente jazz come Chain e We Howered With Short Wings.
Il supergruppo, completato dal carisma di Picciotto, è da applausi in brani come Coward, Chinaberry tree, ma soprattutto in quel superbo fraseggiare folk che è Flirted With You All My Life. “In ogni luogo in cui andassi tu eri con me” – gorgheggia Vic parlando della morte.“Ma morte – canta – non sono ancora pronto, non sono pronto”.
(2009, Constellation)
01 Coward
02 When The Bottom Fell Out
03 Chinaberry Tree
04 Chain
05 We Hovered With Short Wings
06 Philip Guston
07 Concord Country Jubilee
08 Flirted With You All My Life
09 It Is What It Is
10 Granny