Fare dietrologia non è mai un bene, ma probabilmente non è un caso che questo secondo capitolo targato Volcano Choir arrivi a stretto giro con le dichiarazioni di Justin Vernon circa la possibilità di mettere in soffitta per un po’ il progetto Bon Iver. Un progetto che dev’essere considerato sicuramente fra i più interessanti di questo nuovo millennio. Un po’ come a dire «Ehi! Da adesso in poi se vorrete ascoltarmi dovrete farvi piacere i Volcano Choir!», formazione che dunque potrebbe evolversi da side-project a destinatario definitivo delle attenzioni di Vernon.
Detto fra noi, la cosa in realtà non ci dispiacerebbe poi molto, dato che riteniamo piuttosto difficile che Bon Iver possa raggiungere picchi emotivi più alti di quelli toccati con “For Emma, Forever Ago”, per motivazioni che è inutile ricordare ancora in questa sede. Quindi vada per i Volcano Choir. Repave, oltretutto, è anche un buon modo per presentare nuovamente una band che nel 2009, con “Unmap”, non è che avesse convinto più di tanto.
E lo è per un motivo molto semplice: suona davvero tanto vicino al Bon Iver 2.0 del sophomore. Quindi, in parole povere, meno chitarre acustiche e più lavoro davanti al computer, meno incedere cantautorale e più cura alla dimensione collettiva, ovvero ciò che aveva caratterizzato il passaggio fra il primo e il secondo lavoro di Vernon. Ieri “Unmap” aveva deciso di non cogliere il guanto di sfida del successo planetario di Bon Iver, oggi “Repave” accetta la singolar tenzone e ne esce a testa più che alta.
L’innata capacità di Vernon di unire la dimensione intimista a quella anthemica colpisce nuovamente: così troviamo un piccolo gioiello come Alaskans, fatta da una quieta chitarra acustica che accompagna la narrazione come sempre accorata di Vernon, protagonista qui con una voce più calda del solito. Stessa performance vocale, ma accentuata, che ritorna anche in Dancepack, per la quale Vernon mette del tutto da parte il suo ormai leggendario falsetto. Ed è come se Bruce Springsteen si fosse dato improvvisamente a quell’alt-folk ultimamente tanto in voga.
I giochi di voci che attraversano Acetate ne fanno il brano più indie-pop dell’album, mentre il climax prima ascendente e poi – superata la metà – discendente di Byegone spezza un po’ l’intero album, piazzato lì nel mezzo. Forse meno ispirato di Bon Iver, sicuramente meno sofferto di Bon Iver, il progetto Volcano Choir raggiunge così con “Repave” un suo equilibrio interno che potrebbe regalare soddisfazioni, a prescindere dalla ragione sociale adottata.
(2013, Jagjaguwar)
01 Tiderays
02 Acetate
03 Comrade
04 Byegone
05 Alaskans
06 Dancepack
07 Keel
08 Almanac