Fondati nel 2003, tra gli altri, da Bryan Clifford Meyers (già con Isis e Red Sparowes), i Windmills By The Ocean si riaffacciano sul mercato discografico cinque anni a ridosso dell’omonimo debutto. II è un lavoro onesto, senza troppe pretese, semplice nelle architetture e nei temi melodici. Non è il consueto post-rock, traboccante di luoghi comuni, costruito sul trito e ritrito format del climax-anticlimax. I Windmills By The Ocean si avvicinano per alcuni aspetti agli A Storm Of Light ma senza quei grumi di catastrofe incombente che rendono la musica del combo guidato da Josh Graham viscosa e primordiale. I cinque brani qui presenti fluiscono placidi puntando più sulle cromature sonore che sui crescendo, ricorrendo ad un impiego limitato della voce. Ci sono melodie ariose che richiamano lo shoegaze (Pagan Sun), luccicanti contemplazioni che non sarebbero dispiaciute ai Cocteau Twins (Azure), mentre The Circul ricorda lo strumentale acustico di “The Fire In Our Throats Will Beckon The Thaw” dei Pelican più ispirati. “II” è un album essenziale – dura poco meno di mezz’ora – in cui si delineano atmosfere delicate e rarefatte, riuscendo nella non facile impresa di evitare di dar vita all’ennesimo riciclo di cui nessuno, se non i fan più estremi ed accaniti di tali sonorità, sente più il bisogno. Il tono generale si fa plumbeo solo nei dieci minuti terminali di Occul, dove si affaccia il background post-core del gruppo che tende la mano ai Neurosis di mezzo e agli Isis di “Celestial” prima di dissolversi in una scia dream-pop. I Windmills By The Ocean non sono di certo degli assi nel satollo panorama post-rock-core contemporaneo, ma si fanno apprezzare per onestà di intenti, capacità di sintesi e atmosfere coinvolgenti. A volte, anche solo questo può bastare.
(2011, Robotic Empire)
01 Pagan Sun
02 Azure
03 The Circul
04 Star
05 Occul
A cura di Marco Giarratana