La carriera dei Wire non è stata di certo lineare, costellata di scioglimenti, riavvicinamenti e poi ancora scioglimenti come nelle più tormentate delle storie d’amore. Ma, a intervalli pressoché regolari, la band di Colin Newman non ha mai smesso di tenere alto il vessillo dell’innovazione, in barba a ben più giovani colleghi che preferiscono invece ripetersi. Perché ripetersi, ripercorrere una strada già calpestata, sicura, è la scelta più semplice, la meno rischiosa sia in termini d’immagine che economici. I Wire con Red Barked Tree, loro dodicesimo album d’inediti, mantengono fede a quello che è stato il modus operandi di un’intera vita artistica, riarrangiando ancora una volta la propria vena compositiva e attraversando a passo spedito generi e stili. “Red Barked Tree”, è bene dirlo subito, non è chissà quale capolavoro e non avvicina neanche lontanamente lo spessore di “Pink Flag”, classe 1977, e neanche del più recente “Send” (2003), giusto per citare un altro lavoro che non sia quel caposaldo del punk inglese che è l’esordio dei Wire. Però, questo d’inizio 2011, è un album onesto che ha il merito di non nascondere al pubblico la spietata anagrafe di Newman e soci. Inutile spacciarsi per pischelli appena ventenni, avranno pensato. E il risultato è un lavoro che trasuda maturità e che presenta i Wire in una veste ricercata e linda come mai prima. Lo storico chitarrista Bruce Gilbert non è della partita, così come nel precedente “Object 47” (2008), ma il fatto di essere rimasti un terzetto non schiarisce affatto il sound della band, ricco com’è questo “Red Barked Tree” di lavoro di produzione, post-produzione e aggeggini elettronici vari. Dopo aver traghettato il punk dei ’70 negli ’80, contribuendo all’evoluzione della new wave, i tre si divertono oggi con brani come Adapt, Bad Worn Thing, Down To This o la conclusiva title-track, piccole gemme wave da sempre nelle corde dei Wire, ma mai così ripulite da quelle chitarre gracchianti segno distintivo della formazione britannica. Non mancano, comunque, momenti in cui il ritmo riprende il sopravvento, vedi Two Minutes, Moreover e A Flat Tent, brani sì di stampo post-punk ma vestiti con bombetta e cravattino a mo’ di baronetti di Sua Maestà piuttosto che con jeans strappati, anfibi e catene. Concludendo, se è questo l’album con cui si vuole provare a conoscere la musica dei Wire, lasciate perdere e puntate altrove la vostra attenzione. Se, invece e com’è giusto che sia, conoscete già la band, “Red Barked Tree” vi piacerà e non potrete non apprezzarne l’approccio e la verve con cui i Wire l’hanno concepito.
(2011, Pink Flag)
01 Please Take
02 Now Was
03 Adapt
04 Two Minutes
05 Clay
06 Bad Worn Thing
07 Moreover
08 A Flat Tent
09 Smash
10 Down To This
11 Red Barked Tree
A cura di Emanuele Brunetto