Quarto album in studio per gli australiani Wolfmother, capitanati dalla ormai star Andrew Stockdale. Reduci da notevoli collaborazioni musicali (Slash su tutti), Victorious si presenta né più né meno che come il classico disco hard rock revival seventies. Ma con l’aggravante di una produzione (affidata a Brendan O’Brien) a volte eccessivamente arzigogolata e non prettamente coerente con l’enfasi e l’impatto con i quali i primi Wolfmother erano riusciti a fulminare le luci della ribalta.
Seppur mantenendo la forma/struttura della canzone hard rock per antonomasia, la band riesce raramente a essere incisiva, tra riff apprezzabili rovinati da ritornelli banali (Baroness) a improbabili ballate da messa domenicale (Pretty Peggy). Di contro, non mancano episodi di vecchio, piacevole e sano rock’n’roll, vedi in primis la title track Victorious, City Lights impregnata di primordiali octafuzz e dal tiro lodevolmente funesto, l’organo Hammond di Eye Of The Beholder e il suo mood à la Uriah Heep.
Benché alcune composizioni risultino poco efficaci, l’attenzione per il dettaglio sonoro è la vera (ed unica?) arma del disco: la cura è certosina e si sente, i suoni sono quasi sempre azzeccati e la volontà di far rivivere un certo sound è sicuramente riscontrabile tra le intenzioni della produzione.
Purtroppo (o per fortuna) anche ai Wolfmother è stata imposta quella formuletta che da alcuni anni a questa parte ha trasformato un cospicuo numero di band, facendole virare su territori decisamente più radio friendly. Il risultato è un disco che, nonostante un’indiscutibile qualità produttiva, perde quella istintiva primitività con la quale il genere in questione dovrebbe esser realizzato.
(2016, Universal)
01 The Love That You Give
02 Victorious
03 Baroness
04 Pretty Peggy
05 City Lights
06 The Simple Life
07 Best Of A Bad Situation
08 Gypsy Caravan
09 Happy Face
10 Eye Of The Beholder
IN BREVE: 2,5/5