Fa un certo effetto sentir parlare di esordio quando il nome cui viene associato è quello di Xabier Iriondo, personaggio che da circa vent’anni contribuisce ad alcune fra le pagine più importanti del rock italiano. Fa un certo effetto ma è la pura verità, dato che questo Irrintzi è – discografia del nostro alla mano – il primo album firmato in toto dal chitarrista (rientrante) degli Afterhours, pubblicato esclusivamente in doppio vinile per una “joint venture” di sei etichette indipendenti. Il valore di questo lavoro è quello di “manifesto artistico”, sotto almeno due punti di vista. Il primo è meramente personale, un omaggio a quelle origini basche chiarissime tanto nel nome di Iriondo quanto nel titolo stesso dell’album e della title-track (letteralmente “urlo”). E poi nell’opener Elektraren Aurreskua (ricca di strumentazione folk dei Paesi Baschi suonata dal musicista Gaizka Sarrasola), in Gernika Eta Bermeo (in cui la narrazione è affidata alla voce del padre del musicista) e in Itziar En Semea (brano tradizionale), trasposizioni dello spirito folkloristico basco disturbate elettronicamente e adattate alle necessità sperimentali di Iriondo. Il secondo aspetto presta attenzione alla vita artistica di Xabier, ovvero alle influenze subite ed elaborate nel corso degli anni, racchiuse tutte nelle quattro cover inserite in tracklist: si parte con Reason To Believe, contenuta in “Nebraska” di Bruce Springsteen. Neanche a dirlo, Iriondo mette il pezzo sottosopra reinterpretandolo in una personalissima versione Suicide, riuscendo a non far perdere al brano neanche un grammo della sua drammaticità, acuita dalla prova vocale di Paolo Saporiti. Poi è la volta di Preferirei piuttosto gente per bene gente per male, atipico accostamento fra un brano del misconosciuto cantautore Francesco Currà (“Preferirei piuttosto”) e uno di Lucio Battisti (“Gente per bene e gente per male”, da “Il mio canto libero” del ’72): un po’ C.S.I nella prima parte, un po’ Nine Inch Nails nella seconda, anche l’accostamento musicale risulta sorprendente. A seguire una puntatina al metal con The Hammer dei Motorhead: un arrangiamento ossessivo, ai limiti dell’electroclash, frutto della collaborazione con gli OvO Bruno Dorella e Stefania Pedretti. Chiude il capitolo cover (nonché l’intero album) Cold Turkey di John Lennon, fra i brani meglio riusciti. La voce che si sente è quella di Manuel Agnelli, che insieme a Roberto Dell’Era e Giorgio Prette ha collaborato con Iriondo alla realizzazione del pezzo. A completare il quadro la strumentale Il cielo sfondato, brano dalle sfumature indiane tendenti al prog che si fa forte dell’aiuto del sassofonista Gianni Mimmo e del chitarrista Paolo Tofani (già negli Area). Concludendo, le linee conduttrici di “Irrintzi” sono – e non poteva essere altrimenti trattandosi di Xabier Iriondo – la sperimentazione, le mistioni, le sporcizie e una rumoristica mai banale che, andando oltre un primo approccio di certo spiazzante, non possono non colpire positivamente.
(2012, Wallace / Brigadisco / Long Song / Paintvox / Phonometak / Santeria)
01 Elektraren Aurreskua
02 Irrintzi
03 Il cielo sfondato
04 Gernika Eta Bermeo
05 Reason To Believe
06 Preferirei piuttosto gente per bene gente per male
07 The Hammer
08 Itziar En Semea
09 Cold Turkey
A cura di Emanuele Brunetto