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Youth Lagoon – Rarely Do I Dream

C’era questa scatola, lì in un angolo buio di una cantina nell’Idaho. Una scatola piena di vecchie foto, di quando le foto ancora si stampavano e rimanevano a testimoniare l’attimo, invece che perdersi nei giga di memoria di smartphone destinati al macero. Una scatola piena anche di video, VHS che appena le vedi ti sorge il dubbio, legittimo, che siano ancora recuperabili e non mangiate dal tempo e dall’umidità. Quella scatola Trevor Powers aka Youth Lagoon l’ha rinvenuta a casa dei suoi genitori, testimonianza tangibile, analogica, di un’infanzia di cui per forza di cose lui ricordava poco o nulla. Ed è da questa scatola e dal suo contenuto che Trevor è partito per estrarre Rarely Do I Dream, il suo ritorno con il moniker Youth Lagoon.

Il lavoro svolto da Powers, dunque, non è stato altro che quello di mettere in musica l’intimità insita nella natura del suo ritrovamento, mantenendo allo stesso tempo intatto lo spettro sonoro cui ha abituato nel corso della sua discografia. Il risultato è convincente, perché nelle pieghe del suo dream pop cameristico trovano posto estratti audio dalle videocassette che palesano i riferimenti casalinghi, come nella conclusiva Home Movies (1989-1993) che già dal titolo sembra una di quelle etichette che s’appiccicavano per lungo sulle VHS per ricordarne il contenuto. Un tuffo nel passato e nei ricordi che Powers affronta con la sua consueta sensibilità, che lo porta a integrare spunti trip hop come in Perfect World e synth più incisivi come nella splendida Speed Freak, senza per questo perdere il fil rouge del disco.

Vuoi per la provenienza stessa dell’ispirazione, che sta lì cristallizzata nell’infanzia, quell’intervallo di vita che dovrebbe essere il più spensierato dell’esistenza di ogni essere umano, vuoi per una precisa scelta compositiva, quella di “Rarely Do I Dream” è anche la musica più ariosa mai prodotta da Youth Lagoon. Non sempre all’interno del disco la narrazione di Powers è nella sostanza così leggera e luminosa, c’è sempre una certa malinconia agrodolce che serpeggia furtiva in ogni passaggio, ma le aperture di pezzi come Seersucker la dicono lunga su come in quest’album Trevor abbia cercato di inspirare ed espirare il più lentamente possibile, col ritmo à la Lamb di Lucy Takes A Picture o quello più lounge di una Canary. Davvero un gran bel ritorno per la sigla Youth Lagoon, non c’è altro da aggiungere.

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IN BREVE: 3,5/5