Il manifesto oltranzista degli Zu si sta trasformando in un ben delineato crogiolo dove convergono molte delle pulsioni artistiche più vivaci del panorama alternativo odierno. Non manca di certo a Carboniferous quel tasso di follia che il trio romano ha sempre riposto nella sua produzione artistica, ma è evidente che da questo momento in poi qualcosa nel corredo genetico dei nostri sta mutando. Si guarda con più convinzione a certe derive post-core, più ammiccanti al filone math (vedi principalmente i Keelhaul, ripresi con vigore nei punti più metallici), ma anche al progressive-rock d’avanguardia. Non a caso si potrebbero scomodare i Battles come termine di paragone per certi ghirigori un po’ inusuali per la band (Ostia, Erinys, Chthonian). A rendere più succulente le portate ci pensano le comparsate di King Buzzo dei Melvins alla chitarra in Chthonian e l’altro amico di famiglia Mike Patton, che manipola le solite linee vocali anticonvenzionali nella non certo normale Soulympics e agghinda di tetri vocalizzi Orc, istantanea che ha parecchio da spartire con i momenti di più spiccata rarefazione cupa dei Fantomas. Sono della partita anche Giulio Favero (One Dimensional Man/Il Teatro degli Orrori) con chitarre addizionali ed Alessandro “Pacho” Rossi alle percussioni. Ma ridurre “Carboniferous” ai soli ospiti e ai soli paragoni è cosa davvero ingiusta. Gli Zu stanno inevitabilmente cambiando pelle e, seppur permanendo dalle parti di quel jazz-core escoriante che ha in John Zorn un padre naturale indiscusso, si sente come la ricerca di nuove forme d’espressione e metodi di composizione siano adesso un obiettivo dichiarato. Quindi sono sempre presenti i volteggi schizoidi del sax di Luca Mai (principale protagonista di ottimi brani come Beata Viscera, Erinys) mentre il basso deragliante di Massimo Pupillo scava profonde buche nell’asfalto per far sgorgare il magma ribollente sotterraneo (Chthonian, Axion). Un vischioso flusso di stereogrammi sonori converge nelle aperture da Yes ultramoderni dell’acuminata Carbon, nelle caustiche e digrignanti articolazioni esplosive di Erinys, nel malato noise-punk-core di Mimosa Hostilis, nei tribalismi deviati di Obsidian, creando così un quadro parzialmente nuovo per gli Zu che fa di slabbrature ed improvvise contrazioni e più delineati cenni melodici una filamentosa materia da maneggiare con estrema cura e che ha il sapore del momento di transizione e di una rinnovata sfida alle convenzioni stilistico-formali del rock intelligente. Uno dei primissimi botti del nuovo anno.
(2009, Ipecac)
01 Ostia
02 Chthonian
03 Carbon
04 Beata Viscera
05 Erinys
06 Soulympics
07 Axion
08 Mimosa Hostilis
09 Obsidian
10 Orc
A cura di Marco Giarratana