I Depeche Mode che chiudono il millennio sono, per svariate motivazioni, una band sull’orlo del precipizio. “Ultra”, uscito nel 1997, fu il primo album della band con la nuova formula in trio, con Dave Gahan, Martin Gore ed Andy Fletcher che s’erano separati, non senza strascichi, da Alan Wilder. Nel frattempo, anche fuori dalla dinamiche lavorative le cose negli ultimi tempi non erano andate granché bene: Martin e il suo abuso di sostanze varie; Andy e la sua depressione che si ripresentava puntuale ad ogni accenno di pressione; e poi Dave e quel baratro chiamato eroina, che gli era valso un infarto, un tentato suicidio e poi il cuore di nuovo fermo per un paio di interminabili minuti. Insomma, c’erano tutti gli ingredienti affinché un’esperienza illuminante come quella dei Depeche Mode potesse davvero implodere.
Fortunatamente per loro, ma anche per noi, Exciter operò come una sorta di pacificatore, delle loro vite, della loro arte, della loro sinergia messa troppo spesso in discussione fin quasi allo scioglimento della band. Rispetto ad “Ultra”, album fondato su un mood profondamente negativo e scuro (una costante del marchio Depeche Mode, anche nei suoi episodi apparentemente più frivoli), “Exciter” mostra delle aperture dovute alla nuova strada che i Depeche Mode intraprendono, mette in risalto aspetti cui i tre avevano dato attenzione negli ultimi anni e che li avrebbero accompagnati da lì in poi: parliamo delle venature blues, già in qualche modo accennate nel capolavoro “Violator” (1990) e da quel momento riproposte a spizzichi e bocconi, ma sempre come eccezione piuttosto che come regola.
In “Exciter” la dicotomia tra blues ed elettronica, tra corpo ed anima, tra cuore e cervello, giunge a definitiva quadratura, a cominciare da quella Dream On che apre le danze e che snocciola una delle migliori performance di Gahan da tanti anni a quella parte. Ed è proprio la voce di Gahan che, complice la rivista strada intrapresa dai Depeche Mode, si conferma il cardine su cui ruota la produzione del trio e anche la scrittura dello stesso Gore, che cuce addosso al collega interpretazioni che ne valorizzano appieno l’espressività (vedi Freelove, dove Dave si atteggia a perfetto crooner da periferia malandata).
Un lavoro in cui si rileva un complessivo abbassamento dei ritmi rispetto agli standard della band, in cui le striature synthpop di sempre trovano compimento nella sola I Feel Loved, un ovattato tributo alla dancefloor. Come l’agave immortalato nella copertina, “Exciter” fiorisce e dona nuova vita ai Depeche Mode, spargendo tutt’intorno a sé semi che non hanno poi tardato a fare il loro prezioso percorso evolutivo.