Dalla firma del contratto per la major Warner (con contestuale abbandono dell’indipendente I.R.S. Records) in poi, la carriera degli R.E.M. aveva intrapreso un’inarrestabile parabola ascendente grazie alla pubblicazione di “Green” (1988) prima, di “Out Of Time” (1991) poi e a stretto giro di “Automatic For The People” (1992), tre album che avevano fatto della band di Michael Stipe una delle più importanti formazioni a livello mondiale, tra le poche a mantenere una coerenza indipendente nonostante una redditizia corteccia mainstream. Quello stare sotto i riflettori, però, non gli aveva fatto bene e subito dopo l’uscita di “Automatic For The People” alcuni ingarbugliatissimi nodi erano venuti al pettine, soprattutto per quanto riguardava l’immagine pubblica della band: non ci sarà incredibilmente alcun tour a supporto, segnale chiaro di come qualcosa stesse andando per il verso sbagliato negli equilibri fra i quattro.
Così la virata effettuata dagli R.E.M. nel 1994 con Monster è eclatante, perché nessuno avrebbe mai potuto immaginare che una band all’apice, che aveva trovato la formula perfetta per fare breccia nelle classifiche e nel cuore di milioni di persone, avrebbe deciso di fare tabula rasa di tutto: i mandolini di “Out Of Time” e “Automatic For The People” scompaiono, le melodie dolci e i languori lirici che ne avevano decretato l’ascesa finiscono in uno scatolone in soffitta. “Monster” è un disco incazzato e lo si capisce già dal primo singolo estratto, What’s The Frequency, Kenneth?, che palesa una band fortemente elettrica, decisamente orientata sul rock in senso stretto, lontana anni luce da quella che appena due anni prima aveva tessuto la propria musica con sezioni d’archi e strumentazione acustica.
I motivi dell’incazzatura sono all’interno degli R.E.M. di natura collettiva, vista la già citata difficoltà dei quattro di interagire fra loro e con il successo, ma anche personale del frontman Michael Stipe: deve smentire la sua possibile sieropositività , avvalorata secondo alcuni dall’eccessiva magrezza, dalla testa rasata e dal suo orientamento sessuale; ma, soprattutto, nel giro di pochissimo perde due cari amici, l’attore River Phoenix (a causa di una overdose, il 31 Ottobre del ’93) e Kurt Cobain (che si toglie la vita il 5 Aprile del ’94). Colpi durissimi che Stipe accusa e che inevitabilmente finiscono per incidere sulla lavorazione dell’album. L’intero “Monster” verrà dedicato proprio a Phoenix, mentre la bordata elettrica Let Me In, in assoluto il brano più rumoroso della produzione della band, sarà tutta per il compianto leader dei Nirvana, una sorta di requiem in cui Stipe quasi s’incolpa di non essere riuscito a salvarlo.
Per questi motivi, per il sound duro del disco e il riferimento diretto a Cobain, “Monster” viene considerato fin da subito come il disco grunge con cui gli R.E.M. provano a cavalcare l’ondata di metà anni Novanta, ma come abbiamo avuto modo di dire poco sopra non è lì che va cercata la genesi dell’album. La chitarra di Peter Buck lascia i delicati arpeggi che l’avevano contraddistinta per addentrarsi in distorsioni scurissime come in Crush With Eyeliner, Bang And Blame, Circus Envy e la conclusiva You, così come la sezione ritmica del duo Bill Berry/Mike Mills si fa più marcata e incisiva, vedi l’accoppiata King Of Comedy/I Don’t Sleep, I Dream. La ballatona Strange Curriences e il falsetto da pelle d’oca di Tongue sono gli unici due momenti in cui “Monster” respira un po’, stretto com’è in una morsa che spezza le ossa.
L’album finisce così per essere un crocevia: gli R.E.M. di prima non ci sono più e la musica è soltanto lo specchio di ciò che accade dentro e fuori la vita dei quattro. Una grande fetta dei loro fan accoglie freddamente “Monster”, ma gli R.E.M. anziché tornare sui propri passi canalizzeranno tutto in “New Adventures In Hi-Fi” (1996), lavoro certamente più vicino al predecessore che ai dischi di inizio Novanta e che sarà anche l’ultimo album con Bill Berry: il batterista viene colpito da un aneurisma proprio durante il tour di “Monster”, evento che azzera del tutto la sua già scarsa voglia di proseguire con una vita da rockstar in cui non si rispecchiava più. Insomma, nel 1994 per gli R.E.M. iniziò a cambiare tutto, ma fu solo l’inizio dell’ennesima metamorfosi della band.