È indubbio come la fine degli anni ’90 e l’addio alle scene di Bill Berry abbiano segnato una decisiva virata della carriera e della discografia degli R.E.M. verso lidi meno epocali del loro splendente passato. Nel 1998, quando Michael Stipe, Mike Mills e Peter Buck dovettero affrontare la loro prima prova in studio senza l’amico di sempre dietro le pelli, la scelta della band ricadde su una sostituzione fittizia con l’elettronica. “Up” fu quello, il tentativo − col senno di poi riuscito, anche se al momento della sua uscita in tanti storsero il naso − di una band di rimettersi in piedi, di affrontare quello che poteva essere uno tsunami con la classe di una vita. Perché Stipe, Mills e Buck avevano ancora voglia − e l’avrebbero avuta per un’altra decina d’anni − di fare musica insieme.
Gli R.E.M. però erano sempre stati qualcos’altro, e quel qualcos’altro non tarda a rifarsi sotto all’alba del nuovo millennio, quando i tre pubblicano Reveal. Superato lo scoglio del riassestamento interno, superate le perplessità sul modo in cui andare avanti senza snaturarsi ma senza necessariamente trovare un sostituto di Berry, gli R.E.M. mettono a frutto la ritrovata serenità del post “Up” con un disco profondamente solare, a partire dal suo artwork assolato. In “Reveal” non c’è la tensione sintetica che percorreva il suo predecessore (l’elettronica è presente, ma è un contorno e non più il fulcro del progetto, vedi I’ve Been High), non ci sono crisi personali da superare. C’è da riprendersi il proprio posto, ed è questo che gli R.E.M. fanno.
E lo fanno ritornando sui propri passi, quando le corde di Buck dominavano la scena. L’indolenza di All The Way To Reno (You’re Gonna Be A Star), le ballatone She Just Want To Be e I’ll Take The Rain, il pop scala classifiche di Imitation Of Life, sono tutte facce di una stessa medaglia, quella che aveva fatto degli R.E.M. i campioni di un certo modo di elaborare le melodie. “Reveal” non assesta colpi clamorosi (…ma ad avercene di singoli come quelli estratti dal disco), ma tiene gli R.E.M. a galla in un periodo delicato, ne sottolinea le peculiarità con quei suoi languori estivi e instrada la band verso un finale di carriera all’insegna di una rassicurante normalità (in relazione a loro stessi, ovviamente).