Sembra facile essere i Led Zeppelin. Hai due talenti naturali alla voce e alla batteria, due super veterani dello studio di registrazione al basso e alla chitarra, dalla prima canzone del primo disco sembra che nulla possa mai scalfire la granitica, gargantuesca dimensione del successo al quale erano sin dal primo momento destinati. In piĆ¹, un instancabile e feroce manager che gli faceva ottenere tutto ciĆ² che gli spettava, ed a loro dedicava ogni secondo; una sorta di Colonnello Parker, ma senza i difetti. E, nonostante quattro prime donne, neanche problemi personali di grave natura, almeno per larga parte della carriera.
Ma non ĆØ mai stato facile. Usciti con gloria dai primi quattro, nessuno dei quali recava titoli oltre ad un numero romano nel caso del secondo e terzo album, i Led Zeppelin sono sul tetto del mondo. Girano in jet privato, inizialmente un piccolo aereo che perĆ² gli dava noia in caso di turbolenzaā¦ e allora che fai, non lo prendi in affitto un Boeing 720, tanto per stare piĆ¹ tranquilli? Si permettono addirittura di dire alla propria etichetta, la Atlantic dellāilluminato mecenate Ahmet ErtegĆ¼n, che no, non faranno uscire nessun fottuto singolo per āStairway To Heavenā. Chi vuole il pezzo puĆ² tranquillamente comprare lāintero album. Unāetichetta che pressa per far uscire un singolo da quasi otto minuti, richiesta alla quale la band dice semplicemente ānah, non ci vaā; una situazione forse mai vista nella storia del rock.
Non ĆØ facile? Beh, sembra dannatamente facile fino a qui. Ma come diavolo reggi la pressione di dare un seguito a quattro dei migliori album della storia? Come reggi la pressione di dover essere il numero uno, ora che anche gli Stones stanno privatamente capitolando tra tasse, eroina, morte e liti? āThat sounds like one of them good problemsā, direbbe qualcuno. Ma no, non ĆØ proprio cosƬ. E quando sei in vetta, non cāĆØ altro da fare se non andare giĆ¹. Bonzo con i suoi eccessi, Plant che man mano sta accorgendosi che la sua voce non sarĆ per sempre quella di āBaby, Iām Gonna Leave Youā, Page i cui eccessi non sono evidenti come quelli dellāamico e compare, ma altrettanto distruttivi, e John Paul Jonesā¦ beh, John forse faceva intravedere qualche segno di stanchezza. No, non ĆØ facile.
Houses Of The Holy, prima prova dopo aver raggiunto il top del mondo in termini di popolaritĆ e successo di critica, ĆØ il classico clichĆ© dellāapertura degli orizzonti, solo che a quel tempo non era un clichĆ©, perchĆ© questi clichĆ© li hanno inventati loro. Lāodiata Dāyer Makāer, un pezzo reggae il cui titolo ĆØ il finale di una vecchia barzelletta, ĆØ lāesempio principe di quellāabuso di sicurezza che ogni tanto si narra avessero le rock band; The Crunge, ispirata a James Brown, ĆØ lāesempio ā citato altrettanto spesso ā del successo che ti porta fuori strada.
Ma sono esempi errati. Ascoltando entrambe, cāĆØ ancora una band in totale controllo, anzi, una band che domina la musica tanto da permettersi di inventare accordature e creare capolavori inarrivabili di oltre sette minuti nei quali Plant cāĆØ e non cāĆØ (The Rain Song), una band che ancora sembra non aver dato il meglio e sfodera pezzi di livello celestiale come No Quarter o Over The Hills And Far Away. āLa canzone rimane quellaā, cosƬ dicono in apertura di questo ennesimo, perfetto capolavoro. E lo fanno sembrare cosƬ fottutamente facile. Ma non ĆØ mai stato facile. Neanche per loro.