Ad un anno dal pionieristico e tagliente “In The Flat Field” (1980), considerato il punto di partenza del rock gotico che elevò a tutti gli effetti i Bauhaus a padrini del genere, nonostante il termine “gothic” fosse già stato usato al termine dei seventies per descrivere le atmosfere post punk dei primi lavori di The Cure, Siouxsie And The Banshees e il capolavoro “Closer” dei Joy Division, il quartetto britannico scelse di tornare immediatamente con un sophomore che sparigliasse tutte le carte in gioco, includendo influenze stilistiche recuperate dalla musica funk e reggae, oltre all’uso di sassofono, chitarre acustiche e tastiere, assenti nel suo predecessore.
A lasciare il segno principalmente sono la drammatica The Passion Of Lovers, con la sua sezione ritmica imponente e le tastiere cristalline che fanno da contraltare sullo sfondo, e il funk bass di Kick In The Eye, traccia che sembra essere uscita da “Sandinista!” (1980) dei Clash. Il sax è protagonista dello ska trascinante, liberatorio e un po’ spaziale di In Fear Of Fear, che si mescola al post punk degli esordi stravolgendolo completamente, mentre durante il surreale spoken word di Of Lillies And Remains viene strattonato insieme alle chitarre distorte, ed è elemento fisso in secondo piano nella vorticosa Dancing, che si divide tra rimandi ai feroci Cramps e alla “Disorder” dei Joy Division.
I giochi di prestigio di batteria e basso dominano la scena nella corsa incontrollata di Muscle In Plastic, scivolando verso il clima orrorifico e allo stesso tempo ironico di The Man With The X-Ray Eyes, ispirata all’omonimo film fantascientifico del 1963, fino al fraseggio acustico della tormentata Mask. Le atmosfere più cupe in assoluto vengono raggiunte dalle percussioni ipnotiche e le chitarre lontane della claustrofobica Hair Of The Dog, e con la più dark e lugubre Hollow Hills, brano lento e minimale che vede pochi rintocchi di batteria e avanza a passo funebre reggendosi sulla bassline.
Secondo capitolo divisorio di una parabola assai breve, e per questo lasciato troppo spesso ingiustamente cadere nel dimenticatoio, Mask rappresenta la massima espansione territoriale in campo sonoro dei Bauhaus e il vertice del loro successo commerciale, nonché uno dei fondamenti del gothic rock, a cui si deve un lascito importante per la musica dei decenni successivi fino ad oggi, dove post punk e affini sono ritornati protagonisti nelle più svariate declinazioni: il primo nome che salta in mente ascoltandolo non può che essere quello degli apprezzatissimi Fontaines D.C..
DATA D’USCITA: 16 Ottobre 1981
ETICHETTA: Beggars Banquet