Nel 1994 l’ago della bilancia del rock mondiale pendeva totalmente dalla parte degli Stati Uniti, dove il grunge aveva raggiunto il suo apice e da cui era partito per conquistare il mondo. In Inghilterra si viveva un po’ una fase di stallo con la scena Madchester, che aveva partorito band come Stone Roses e Inspiral Carpets, ormai accartocciatasi su se stessa. Ma in UK, si sa, non stavano e non stanno certo a guardare, l’esplosione di una nuova rivoluzione aveva le ore contate e quell’anno fu quello giusto grazie soprattutto a un album, Parklife, che scrisse le coordinate del fenomeno britpop, la naturale evoluzione e prosecuzione della scuola di Manchester, aprendo la strada alla sua affermazione insieme a “Definitely Maybe” degli Oasis che sarebbe arrivato qualche mese dopo. Damon Albarn e i suoi venivano da due album di certo non esaltanti, “Leisure” del ’91 e “Modern Life Is Rubbish” del ’93, ma i Blur avevano ben chiaro dove andare a parare. La natura di “Parklife” è ibrida, piena zeppa di commistioni tra le diverse influenze dei quattro Blur, dai sixties più frizzanti all’alternative imperversante in quegli anni, passando persino per il synthpop dei Pet Shop Boys nel devastante singolo Girls and Boys e per la musica francese a cavallo tra ’50 e ’60 nell’altro singolo To The End. La scalata alle classifiche, culminata con i quattro Brit Awards aggiudicatisi dai Blur l’anno seguente, sarà solo la punta dell’iceberg dell’importanza rivestita da “Parklife” per il rock inglese dei Novanta e per l’intero filone britpop, un album ricercato ma immediato, piacione nel suo affrontare tematiche anche importanti e sarcastico nel prendersene gioco con leggerezza.
DATA D’USCITA: 25 Aprile 1994
ETICHETTA: Food / SBK