Nella storia degli Stati Uniti il 1969 non è stato un anno come gli altri: le scorie degli assassini di Martin Luther King e Robert Kennedy (entrambi avvenuti nel ’68) e la guerra del Vietnam ancora in corso stavano lacerando dall’interno il Paese fomentando veementi moti di protesta, mentre la strage di Cielo Drive attuata dagli adepti di Charles Manson avrebbe messo la definitiva parola fine sul sogno di pace e amore del movimento hippy. I musicisti, dal canto loro, contribuirono a quella che è passata alla storia come una delle migliori annate del rock pubblicando alcuni tra i dischi più rappresentativi degli interi anni ’60.
In questo turbinio di eventi e sconvolgimenti storici c’era Bob Dylan, apparentemente disinteressato a tutto ciò che gli succedeva intorno (per dirne una: non prese volutamente parte a Woodstock). Dylan aveva una carriera già consolidata con ben otto album alle spalle, era diventato un padre di famiglia e se c’era una cosa che non avrebbe mai voluto fare, in quel preciso momento, era rimettersi nuovamente in gioco. Le pressioni dall’esterno però erano forti, così Dylan rispose a suo modo incidendo un album che nelle intenzioni avrebbe dovuto allontanare il pubblico anziché conquistarlo, un album che avrebbe dovuto rinnegare tutto ciò che Dylan era stato fino a quel momento.
Nashville Skyline fa questo: Dylan sorride in copertina imbracciando la sua chitarra (cosa non così comune, vederlo sorridere) e partorisce dieci tracce di country a tratti melenso (tra cui il meraviglioso singolo Lay, Lady, Lay, originariamente scritto per la colonna sonora di “Un uomo da marciapiede” di John Schlesinger ma poi rimastone fuori) che poco avevano a che fare con le tensioni del resto del mondo; Dylan cambia persino voce, accantonando per larga parte quella nasale che lo aveva caratterizzato fino a quel momento in favore di un’impostazione più profonda e piena. Insomma, segnali di rottura chiari ed evidenti.
Il duetto con l’amico Johnny Cash nella Girl From The North Country posta in apertura del disco è emblematico della direzione scelta da Dylan, così come la strumentale Nashville Skyline Rag, dimostrazioni di come il songwriter di Duluth fosse entrato in studio più per compiacere la casa discografica e passare il tempo che per dare sfogo alla sua verve artistica.
Nonostante ciò, il nome di Dylan era già talmente enorme da garantirgli comunque i consueti “buoni numeri”: il pubblicò lo premiò, mentre la critica non ne accettò e comprese appieno la svolta, ma “Nashville Skyline” resta ad ogni modo l’ulteriore testimonianza di un artista poco avvezzo a cavalcare le onde quanto piuttosto a essere la scogliera contro la quale esse s’infrangono.
DATA D’USCITA: 9 Aprile 1969
ETICHETTA: Columbia