Ottobre 2008: Sembra quasi rimproverarci, Pierpaolo Capovilla, quando – nell’intervista che il cantante veneto ha rilasciato a Il Cibicida – gli domandiamo della “fine” dei One Dimensional Man a favore de Il Teatro degli Orrori. “Non è morto nessuno”- ci dice, e noi ci fidiamo. Ma la considerazione da parte nostra era in assoluta buona fede: ciò che ha raggiunto Il Teatro degli Orrori con l’esordio “Dell’Impero Delle Tenebre” in quanto a intensità, concettualismo, impatto sonoro ed emotivo supera di gran lunga la seppur incandescente esperienza pluriennale dei Dimensional. Dunque ci pareva scontato il definitivo passaggio di consegne, sì ci sembrava un passaggio obbligato. Il Teatro degli Orrori è, certamente, una delle migliori cose sfornate dal rock italiano da qualche anno. Quello narrato da Pierpaolo (e da Favero, Valente, Mirai) in questo nuovo progetto, è un mondo complesso, un inferno imbattibile, una bolgia impazzita. E’ il racconto di scenari dalle maschere mostruose, di panorami che narrano sconfitte e rock ‘n’ roll come unico siero. Un contenitore fatto di lirismo durissimo ma efficace e di chitarre arroventate delle fiamme. Storie umane al catafascio che trovano l’apice durante le esibizioni live con un Capovilla protagonista assoluto del palco (Il Cibicida vi ha raccontato di recente la tappa al Circolo Degli Artisti di Roma). E’ un concept album “Dell’Impero Delle Tenebre”? Ecco le risposte di Pierpaolo Capovilla. Buona lettura.
Pierpaolo: Volevamo fare un disco che narrasse il mondo intorno a noi. Il mondo dell’oggi, l’inizio del ventunesimo secolo, è sicuramente più brutto e più ingiusto di quello che abbiamo conosciuto nel ‘900. Le guerre illegali, il neo-colonialismo, la paura indotta dai mass media, la corruzione politica, la finanziarizzazione dell’economia, la crescente divaricazione sociale, il rischio ambientale, la criminalità organizzata, i mafiosi e i piduisti al potere in Italia. Ma non basta: una società di individui sempre più isolati, diffidenti, egoisti, rozzi e violenti, o raffinatissimi ipocriti arrampicatori sociali. Del paradiso non abbiamo certezza, ma dell’inferno sì: è qui, intorno a noi.
Domanda: Nell’album c’è una forte tendenza alla distruzione delle icone sacre. Secondo te la religione è giunta alla definitiva celebrazione di sé? (Un narcisismo che è un suicidio tanto è forte la tendenza ad adorare figure più che a recepire valori)…
Pierpaolo: Secondo me, da buon marxista, la religione, le religioni, non sono nient’altro che forme di esercizio del potere. Detto ciò, vorrei però anche dire che ci sono gruppi minoritari che credono in Dio in un modo ammirevole: penso alla teoria sociale della chiesa cattolica, per esempio, e a come questa venga interpretata dalla teologia della liberazione di Leonardo Boff, o di quell’icona meravigliosa del Cardinal Romero. Ma penso anche all’impegno politico e sociale di un certo luteranesimo, e mi riferisco in particolare a Dietrich Bonhoeffer.
Domanda: In “Carrarmatorock!” dici: “un carrarmato di rock per te che ti faccia morire di musica e non di paura”. Ma esistono ancora i martiri nel r’n’r?
Pierpaolo: Hai mai sentito o usato l’espressione “mi fai morire”? Mi fai morire di gioia, ad esempio. Gli inglesi lo usano in modo più esplicito: “You Kill Me”, che vuol dire, più o meno, “Ti Adoro”. Ecco, ho voluto giocare con questo significato doppio. Con un equivoco. Credo di aver voluto dire che è meglio, ma molto meglio, ascoltare della buona musica, che ammirare gli spettacoli di guerra che ci offre la CNN. I martiri del rock non esistono, o sono solo dei drogati sfigati che non vogliono crescere mai, neanche a 40 anni.
Domanda: “La Canzone di Tom” è uno dei momenti più toccanti dell’intero album. C’è un’esperienza autobiografica dietro?
Pierpaolo: Non è un mistero che la canzone sia dedicata a Tom Dreyer, un nostro caro amico. Dopo aver condotto una vita spericolata e pericolosa, Tom divenne un manager d’impresa, ricco, ammirato per la sua bellezza, amato da tutti per la sua disponibilità, la sua stupenda voglia di fare, di essere utile agli altri. Morì in un banalissimo incidente automobilistico. “La Canzone di Tom” ha l’ambizione di narrare quel momento che separa il dolore di una perdita dalla vita dei viventi: che continuano a fare le stesse cose, e dimenticano sempre tutto e tutti, presi come sono dal lavoro, dai loro affari, dalle preoccupazioni di una vita spesa a rincorrere ciò che alla fine non serve, se non addirittura ciò che è disutile.
Domanda: Artaud e Carmelo Bene. In che modo la loro arte ha influenzato il vostro processo creativo?
Pierpaolo: “Il Teatro della Crudeltà” e quello di Carmelo Bene mi hanno insegnato che il palco è la vita. Quella vera. Io non recito quando suono dal vivo: lo dice la parola stessa: io “vivo” sul palco. Non c’è finzione: la partita che giochiamo è seria e grave. Se non pensassimo che è in gioco la nostra vita, non varrebbe la pena giocare.
Domanda: Perché muoiono i One Dimensional Man e perché nascono Il Teatro Degli Orrori?
Pierpaolo: Sei male informato. Non è morto nessuno. E One Dimensional Man ve ne farà sentire delle belle in un futuro spero prossimo. Il Teatro Degli Orrori è nato come progetto parallelo, ma si è poi trasformato in quello principale. Tutto qui.
Domanda: Si “legge” un altro Capovilla con i testi in italiano?
Pierpaolo: Ho sempre sostenuto che non sia così importante la lingua con cui canti, quanto invece le cose che dici. L’italiano mi ha però fatto capire che con la mia lingua madre posso fare di più e meglio.
Domanda: Avete già messo mano a del nuovo materiale?
Pierpaolo: Certamente. Vogliamo fare un disco nuovo al più presto. Il tempo è tiranno, gli impegni di ognuno di noi sono molteplici. Ma non abbiamo fretta, non abbiamo contratti discografici da rispettare: soltanto l’urgenza di continuare l’avventura.
Domanda: L’ultima è per noi una domanda di rito. Se ti dico “Cibicida” cosa ti viene in mente?
Pierpaolo: Una bella ragazza anoressica che ascolta musica per non morire di fame.
* Supporto a cura di Vittorio Bertone e Marco Giarratana
* Foto d’archivio
A cura di Riccardo Marra