Febbraio 2008: “Io non sono come te” è l’ultimo ep della svolta artistica di Moltheni. Una svolta che ha una data, 2005, ed un titolo: “Splendore Terrore”. Da quel disco in poi, sino ad oggi, infatti, Umberto Giardini ha fatto un balzo verso quello che lui stesso definisce “indie-folk”, lasciandosi alle spalle l’esordio più strettamente pop-rock. Dunque frequenze basse, wurlitzer, testi esistenziali, per un cantautore delicato con una voce che sa salire e scendere come poche in Italia. Il Cibicida ha chiacchierato con lui, sempre molto cordiale e sempre diviso tra musica e caserma dei pompieri…
Moltheni: Beh, non proprio fretta. Per un artista un anno è già un periodo di tempo in cui si scrivono nuove cose e si mettono in musica nuove idee. Avevo lì quelle canzoni e una voglia matta di fermarle, “fotografarle” e poi dare tutto il malloppo all’etichetta per l’uscita.
Domanda: Hai mixato il disco in Svezia. In qualche modo il grande Nord è entrato nelle tracce?
Moltheni: Pensandoci sì. Considera che la scelta di andare agli Svenska Grammofon Studion di Goeteborg da Kalle Gustafsson (bassista dei The Soundtrack Of Our Lives, ndr) è stata assolutamente consapevole. Volevo ottenere un certo tipo di suono vintage, volevo raggiungere un sound particolare che solo quegli studi bellissimi, anni ’60, potevano darmi. Andare lì è stato molto naturale, immediato. Ed è in questo senso che la Svezia entra in “Io non sono come te”.
Domanda: Questo titolo sembra contenere rabbia, ma anche solitudine…
Moltheni: E invece no, è un tranello che ho voluto tendere agli ascoltatori. Volevo attirarli con questa frase che ho sentito una volta per strada e che mi ha letteralmente conquistato la mente. Forse ha un certo velo polemico, è vero, forse ha che fare con qualcuna delle canzoni che, effettivamente, sono piuttosto anomale rispetto alla mia discografia. Dunque brani diversi, inediti e da qui il titolo “Io non sono come te”.
Domanda: E poi c’è la copertina… una montagna illuminata da luce chiara…
Moltheni: Eh, anche quella cerca di mischiare un po’ le carte. Volevo una cover kitch, infatti non c’entra nulla la Svezia, non c’entra nulla la dolcezza del disco. Quella è una foto scattata da me così, per caso, e raggiunge l’obiettivo che mi ero prefisso. Volevo quell’effetto eccessivo, ad un certo punto avevo pure pensato di metterci sopra un vecchio videogame.
Domanda: Anche in questo ep è centrale la presenza del wurlitzer suonato da Pietro Canali. Cosa ti piace di quello strumento?
Moltheni: Forse che riesce a dare un colore adatto alla mia musica, un tappeto ideale per le mie frequenze basse. L’entrata di Pietro e del suo wurlitzer è avvenuta con “Splendore Terrore”, un disco che credo sia un po’ quello della mia maturazione. Ormai considero entrambi, Pietro ed il suo strumento, una parte della mia musica, soprattutto da quando ho deciso di avvicinarmi all’indie-folk e staccarmi sempre di più dal rock.
Domanda: Hai pubblicato dischi con diverse indipendenti. Come ti trovi con La Tempesta Records?
Moltheni: Mi trovo, punto. Non c’è quasi nulla che mi piaccia delle etichette italiane. Non ci sono persone con gusto e, quando si trovano, non sono supportate dai soldi, chiaramente la stessa cosa avviene viceversa. Io sono amico dei Tre Allegri Ragazzi Morti e de La Tempesta, ma non è questo il problema. L’Italia è davvero troppo indietro da tutti punti di vista: strutture, intelligenza musicale, finezza manageriale. Insomma, il denaro canta e la musica tace…
Domanda: A tal proposito, l’anno scorso hai fatto uscire un live solo in vinile. Che significa fare questo in un momento (vedi Radiohead) in cui il mercato sembra mutare forme e dinamiche?
Moltheni: Sono favorevole alle tecnologie ed al web, considero appropriato un cambiamento nel sistema che riguarda la musica, ma, vedi, quella del vinile è stata una iniziativa che s’allontana da qualsiasi argomento sul mercato. Volevamo pubblicare un disco, un 33 giri, una cosa nostalgica. Abbiamo utilizzato registrazioni “da bootleg”, e l’abbiamo fatto in totale naturalezza. Il disco è stato stampato da un nostro amico di Mantova, questo per farti capire la dimensione dell’operazione. Ognuno deve seguire una linea che si rapporti a se stesso e alla propria musica.
Domanda: Tempo fa un tuo lavoro, intitolato ”Forma Mentis”, non riuscì mai a venire alla luce. Novità?
Moltheni: No, nessuna. Quel disco ormai non uscirà mai più, soprattutto perché rappresentava un periodo che ormai non c’è più sia come tematiche che come impostazione sonora. Quel rock serrato ormai non m’appartiene più, non mi troverebbe a mio agio. Solo il brano “Eternamente nell’illusione di te” si è “salvato” andando a far parte della tracklist di “Toilette Memoria”.
Domanda: Tu sei un grande conoscitore di musica, cosa stai ascoltando attualmente?
Moltheni: Molta, moltissima musica folk, soprattutto americana. Uno su tutti Iron & Wine, ma anche i Calexico. Oltre a questi nomi noti, mi piace scovare cantautori sconosciuti, la maggior parte tramite quel canale tutto particolare che è myspace, uno spazio che anche io utilizzo moltissimo e che mi piace curare personalmente.
Domanda: Hai suonato di recente a Catania (il 21 gennaio, ndr)…
Moltheni: Il mio cordone ombelicale con Catania non s’è mai reciso. E’ una città che sento un po’ mia, con quelle strade nere, quell’odore di marmitta, quella mitica confusione…
* Foto d’archivio
A cura di Riccardo Marra