Gennaio 2011: Nati come team sui campetti di basket, i Nobraino si sono distinti negli ultimi anni come una delle realtà più interessanti dell’indipendente nostrano. Dopo due album atipici come “The Best Of” (2006) e “Live al Vidia Club” (2007), hanno pubblicato nel 2010 “No USA! No UK!”, uscita che ha raccolto consensi un po’ su tutto il territorio nazionale, grazie anche all’incessante attività dal vivo, vero e proprio punto di forza dei Nobraino: non è infatti un caso che siano oltre cento i concerti effettuati dalla band solo nell’ultimo anno. In occasione della loro ennesima esibizione, in programma giorno 25 dicembre alla Lomax di Catania, Il Cibicida ha interagito con Lorenzo Kruger, vocalist della band romagnola.
Lorenzo: Più o meno. E’ un titolo suggestivo, che sta incontrando il pensiero di molti ed altrettante interpretazioni. La mia ispirazione in proposito riguarda la voglia di fare in casa qualcosa di fresco e moderno, senza aspettare che mi arrivi da fuori. USA e UK sono simboliche, rappresentano un baricentro culturale messo in discussione, un’imposizione linguistica che si può discutere, accettare o sostituire. Nobraino vuol dire stupido, è un’italianizzazione forzata, un neologismo, è così che pensiamo il nostro modo di comunicare. Riciclaggio, invenzione, provincialismo e mondanità, glocal. Non c’è progettualità, ma se devo riassumerlo è così.
Domanda: Essere uniti nello sport prima che nella musica vi ha aiutati a trovare le sinergie giuste all’interno del gruppo?
Lorenzo: Stare in una band per così tanto tempo non è facile. L’amicizia ti aiuta e al tempo stesso è un’arma a doppio taglio. I Nobraino rimarranno uniti fintanto avranno la comunità di interessi ed intenzioni che hanno dimostrato finora. Senza grandi forzature ognuno ha trovato il suo ruolo e cerca prima di tutto il proprio divertimento e benessere. Sì, la visione di squadra e di gioco è aderente al nostro concetto di unione. Un merito dell’inglese, e di altre lingue, è usare la stessa parola per dire “giocare” e “suonare”.
Domanda: Prima un best of, poi un live e soltanto alla terza uscita un “canonico” album di inediti. Dov’è nata l’esigenza di invertire il classico schema delle discografie?
Lorenzo: La discografia classica è un malato terminale, sul quale si pecca di accanimento terapeutico. Un po’ l’automobile a benzina. Trovandoci a dover ancora usare il “disco” come forma di diffusione redditizia della nostra musica (informazione importante: i musicisti non campano d’aria!), ci prendiamo almeno il gusto di prendere in giro la vecchia zia rincoglionita con la quale ci tocca convivere.
Domanda: Vi hanno appioppato l’etichetta “folk”, che fatica ad andare via. C’è una definizione che i Nobraino credono più calzante?
Lorenzo: Nonfolk, Nonswing, Nonrock, Nonpop, Nobraino.
Domanda: Giorgio Canali vi ha supervisionati di recente. Qual è stato il suo apporto sul risultato finale?
Lorenzo: Ruvidità, immediatezza, semplicità. Il colore sporco, scarno, ma robusto. Questo è il nostro disco più rock, e proprio per questo stiamo già pensando che al prossimo ci discosteremo un po’ da questo lavoro. Adesso, per esempio, in studio lavoriamo in acustico, non sia mai che ci appioppino l’etichetta di rock band.
Domanda: Avete coverizzato tanti artisti, alcuni anche atipici per una band indie, vedi Cutugno. Come scegliete quali cover realizzare?
Lorenzo: Scelte particolari, musicalmente o rispetto ai tempi, o cose anche banali sulle quali si fa un lavoro intenso per portarle su tutt’altro piano. L’importante è che rappresentino una sfida interessante e che alla fine la nostra versione abbia il nostro carattere, senza paura di offendere nessuno, mettendo le mani addosso alle canzoni, perchè ogni lavoro fatto in quel senso è sempre una dimostrazione d’amore per il pezzo in questione.
Domanda: A cercare dei riferimenti artistici su cui puntare, su chi ricadrebbe la vostra scelta?
Lorenzo: Non è facile trovare eroi in questo momento, e ad andare troppo indietro si rischierebbe di non trovare più percorsi percorribili ai giorni nostri. I Nobraino si augurano tanta longevità, ma niente patti con il Diavolo.
Domanda: Analogico o digitale? Io personalmente vi ritengo una band a cavallo fra le due concezioni.
Lorenzo: Per noi fa poca differenza, un conto è essere coscienti del proprio suono, ma generalmente chi si fa troppe seghe ha altri problemi che non vuole vedere.
Domanda: Concludiamo con una curiosità: nella vostra biografia parlate di un quinto Nobraino, che completava il team di basket. Non è che passerà alla storia come il quinto Beatles?
Lorenzo: La cosa prevederebbe che noi passassimo alla storia come gli eredi dei Beatles. Fammici pensare… per questa volta facciamo un’eccezione: sì UK.
* Foto d’archivio
A cura di Emanuele Brunetto