A pochi mesi dall’uscita di “The Truth In Me” – un gingillo “mood” di straordinaria bellezza – ed a più di un anno dalla sua dipartita dai The Cure, abbiamo raggiunto via email Roger O’Donnell, uno dei tastieristi più apprezzati della sua generazione. Nel corso della nostra intervista Roger non ha parlato solo della sua seconda fatica solista e della sua casa discografica, la 99x/10, ma ha anche accettato, con estrema signorilità, di rispondere a certe domande decisamente difficili riguardanti il suo recente passato. Il Cibicida è lieto di poter presentare l’estratto integrale della discussione telematica con O’Donnell.
In Italia c’è ancora qualcuno che non ha ben presente il cosiddetto “other side” della tua carriera, ovvero quello da solista. Ti dispiacerebbe rinfrescargli la memoria tracciando quelle che sono state le tappe fondamentali del tuo percorso artistico da “Grey Clouds Red Sky” del 1994 ad oggi?
Durante il periodo 1990-1995, dopo aver lasciato i Cure, ho attraversato un periodo musicalmente molto produttivo e così ho lavorato e fatto uscire il mio primo album solista, interamente strumentale, “Grey Clouds Red Sky”. Una volta rientrato nella band ho messo a fuoco tutta la mia attenzione musicale sui Cure stessi e tutto ciò che ho scritto l’ho dato a Robert. Non avevo bisogno di una carriera solista in quanto mi sentivo completamente soddisfatto dal mio ruolo all’interno del gruppo. Sfortunatamente, verso la fine del mio periodo con i Cure (2005, ndr), mi sono sentito sempre meno soddisfatto e fu allora che ritornai di nuovo a fare musica da solo ed ecco arrivare il mio secondo album.
Parliamo un po’ di “The Truth In Me”: il titolo da te scelto ha un impatto forte, e non ti nascondo che istintivamente mi sono chiesto a quale verità ti stessi riferendo. A tal proposito puoi darmi qualche indicazione?
È arrivato un momento, nella mia vita, in cui la verità è molto importante in tutto ciò che faccio. “The Truth In Me” è la musica che faccio, è intransigente e molto pura. È la verità su tutte le mie influenze musicali, su tutto ciò che ho sentito ed ho amato.
Ascoltando “The Truth In Me” si ha come la sensazione di dover affrontare un viaggio introspettivo, come se si dovesse dare un colore alle proprie emozioni, ai propri desideri, alle proprie paure. Se può essere di tuo interesse il mio punto di vista, ti dirò che è stato come sentirsi al centro di un film di David Lynch, in una condizione dove inizio e fine non hanno coordinate precise… buffo, no?
È davvero interessante quello che mi stai dicendo, perché un mio amico ha dato una copia del disco proprio a David e sto ancora aspettando di sapere che cosa ne pensa!
Restiamo in tema: di solito si chiede all’artista di illustrare quelle che sono state le sue influenze musicali, i punti di riferimento e di confronto. Sottraendoci per un momento a questa regola, vorrei sapere invece: quali film e quali letture hanno “contaminato” il tuo processo creativo?
Non leggo libri ma sono un grandissimo appassionato di cinema. Mi piacerebbe darti una lista dei film che hanno influenzato la mia musica ma non credo di averne una.
Dalla dimensione stadio a quella club: si tratta di due habitat che, giocoforza, richiedono approcci diversi – mi riferisco in particolar modo alla componente pubblico – o per un musicista la location è solo un’importante ma non fondamentale cornice?
Amo suonare ovunque ci sia almeno una persona che posso intrattenere, che capisca la musica e l’emozione.
A proposito, ci sarà la possibilità di vederti in Italia nei prossimi mesi?
Sicuramente! Adoro l’Italia e la vostra cucina è la mia preferita. E poi non dimentichiamoci la Ferrari…
Con “The Truth In Me” hai sfidato le sacre leggi del marketing discografico: è questo il futuro?
No, non credo. Il business musicale, alla fine, gira sempre intorno al denaro e niente mai lo cambierà.
Il tuo nome è inevitabilmente collegato a quello dei Cure. A più di un anno da quell’inaspettato annuncio del 27 Maggio, puoi darci qualche spiegazione in più circa le cause che hanno comportato il tuo allontanamento e quello di Perry Bamonte?
Basta leggere la storia de “I vestiti nuovi dell’Imperatore” e di come il popolo lasciò il compito di parlare ad un bambino (si riferisce alla favola da Hans Christian Andersen che, Wikipedia alla mano, ha un utilizzo metaforico per indicare una situazione in cui “una maggioranza di osservatori sceglie volontariamente di non far parola di un fatto ovvio a tutti, fingendo di non vederlo”, ndr).
La tua militanza nei Cure può essere suddivisa in due atti: il primo dal 1987 fino al 1990 ed il secondo dal 1995 al 2005. Quali sono state le differenze?
La differenza tra prima e dopo è che la passione, l’originalità, la fame e la rabbia, sono state sostituite dalla mediocrità, dalla formula, dall’indifferenza e dalla vanità.
Chi volesse venirti a trovare in “Disintegration”, “Wild Mood Swings”, “Bloodflowers” e “The Cure”, quale campanello/canzone dovrebbe suonare per sentirsi rispondere “ecco, qui c’è il tocco di Roger”?
Il piano in una canzone di “The Cure”. Perdonami ma non ricordo il titolo e non ho il disco.
Soddisfa una mia curiosità, se puoi: c’è un brano, alla cui realizzazione non hai preso parte, che dal vivo ti piaceva suonare in particolar modo?
“Like Cockatoos” (da “Kiss me, Kiss Me, Kiss Me” del 1987, ndr).
Come ti spieghi le numerose critiche che sono state rivolte a “Wild Mood Swings”?
Fu un disco terribile che però cominciò brillantemente. Fu poi diluito, fino a non sapere di niente, dal fantasma che dava la caccia ai Cure: la mancanza di fiducia.
Ai tempi di “Bloodflowers”, tra il 1999 ed il 2000, Robert Smith aveva lasciato intendere che la band fosse prossima allo scioglimento… come avete vissuto tu e gli altri membri della band quel momento e quanto la parola “fine” ha influito sul risultato finale del disco e sulla riuscita del Dream Tour?
Eravamo arrabbiati e frustrati, ma la cosa non ha avuto alcun effetto sulla registrazione.
Quali progetti ha in cantiere la 99x/10 per il prossimo futuro?
Abbiamo dei grandi progetti: l’etichetta per adesso è solo digitale ed abbraccia la tecnologia del futuro. Ci occuperemo di un genere meno specifico e realizzeremo molta musica fantastica.
Domanda di rito: se ti dico “Cibicida” cosa ti viene in mente?
Irritazione per una domanda stupida…