Questo 2024 che sta per concludersi è stato un anno molto importante per i francesi SLIFT: prima la firma con la prestigiosa Sub Pop Records, un’etichetta che difficilmente sbaglia a mettere qualcuno sotto contratto, la conseguente pubblicazione di ILION, il loro ultimo lavoro in studio (qui la nostra recensione), e quindi la definitiva affermazione nel panorama alternative mondiale, nel quale quest’anno sono stati uno dei nomi più chiacchierati. In occasione delle date italiane abbiamo intercettato Jean Fossat, voce, chitarra e tanto altro della band, per farci raccontare un po’ del nuovo disco, del loro approdo alla Sub Pop e del processo creativo degli SLIFT, sempre in ricercato bilico tra psichedelia e venature heavy.
Jean, iniziamo ovviamente da “ILION”: il titolo prende evidentemente ispirazione dal poema di Omero. Avete volontariamente dato un tocco “epico” all’evoluzione del disco e quindi il titolo è venuto da sé?
Il nostro precedente album, “UMMON” (2020, ndr), era costruito sullo schema narrativo dell’Odissea di Omero. Quando abbiamo iniziato a lavorare su “ILION”, per noi è stato chiaro che questo disco sarebbe stato un seguito diretto di “UMMON”. Quindi l’idea di chiamarlo “ILION”, in riferimento stavolta all’Iliade, ci è venuta abbastanza rapidamente.
Puoi dirci qualcosa riguardo l’artwork del disco?
La copertina è stata realizzata da Caza, un disegnatore francese attivo sin dagli anni ’70. La copertina rappresenta i Weavers, che nell’album sono i tessitori della trama del tempo, e il tempo è uno dei temi principali di questo disco. Avevamo già lavorato con lui per “UMMON”, quindi è stato del tutto logico continuare con lui anche per “ILION”.
Qui a Il Cibicida siamo dei fanatici del grunge, quindi dobbiamo necessariamente parlare di Sub Pop: com’è stato arrivare ad una etichetta leggendaria come loro e cosa ha aggiunto agli SLIFT in termini di supporto e promozione?
È davvero pazzesco per noi, veniamo dalla campagna del Sud della Francia, non avremmo mai pensato di poter un giorno lavorare con loro! Li abbiamo incontrati dopo il nostro primo concerto a Seattle e tra noi c’è stata subito un’ottima intesa. Solo successivamente ci hanno proposto di pubblicare “ILION”. È indubbiamente un ottimo supporto, soprattutto negli Stati Uniti, ma ovviamente sono molto attivi anche in Europa.
Come funziona il vostro processo creativo? C’è uno di voi in particolare che dà il primo spunto per la stesura di ciascun pezzo?
Io porto lo scheletro dei brani e, effettivamente, l’atmosfera generale dell’album. Mi piace pensare all’album nel suo complesso, ai collegamenti tra i brani, al ritmo globale del disco… Ma poi arriva la parte più interessante, quando suoniamo e improvvisiamo queste idee in sala prove. Rémi (basso, ndr) e Canek (batteria, ndr) danno il loro tocco ai brani e piano piano prendono forma. Ci piace molto suonare i nuovi brani dal vivo, questo ci permette di affinarli e farli evolvere prima di registrarli per l’album. In questo momento, tra l’altro, stiamo già suonando nuovi pezzi per un futuro album!
Che ruolo ricopre l’improvvisazione nella scrittura dei vostri pezzi?
Gioca un ruolo molto importante! Passiamo molto tempo a improvvisare sui riff che porto o anche a trovarne di nuovi insieme. Siamo appassionati di musica improvvisata, è davvero un modo di suonare che ci si addice, è come un dialogo. Tutto deve essere fatto in quell’istante, non può esserci il pilota automatico. È qualcosa di davvero molto importante per noi.
Qual è il vostro rapporto con la psichedelia? Mi spiego: è chiaro che le venature più heavy siano predominanti nella vostra musica, ma la psichedelia è sempre sullo sfondo in modo consistente.
Amiamo la musica psichedelica, è alla base di tutto, in particolare per il suo aspetto improvvisativo. Ne abbiamo ascoltata tantissima, dai Grateful Dead, ai Psychic Paramount, a Miles Davis… Crescendo come gruppo anche il nostro suono si è evoluto. La dimensione heavy è naturale per noi, perché ci piace che la musica sia qualcosa di fisico. La musica psichedelica ha anche un aspetto trascendentale, è come un rituale ed è su questa base che facciamo evolvere il nostro suono e continueremo a farlo.
Sei d’accordo con me se ti dico che, più che un genere musicale, la psichedelia è un modo di approcciarsi alla musica? Gli SLIFT fanno psichedelia, ma ad esempio anche i GOAT la fanno, o i Tame Impala, gli Sleep, i Pontiak… insomma, queste sono band non assimilabili tra loro e neanche a voi.
Hai riassunto perfettamente cosa significa per noi! È uno stato mentale, un modo di pensare la musica. Secondo me molti generi musicali possono essere “psichedelici”, ed è proprio questo che rende tutto particolarmente interessante. Ad esempio un gruppo come gli Oranssi Pazuzu proviene dal black metal, ma è chiaro come ascoltino moltissimo space rock e musica psichedelica. E tutto ciò non può che portare sempre a cose interessanti.
Quanto è stato difficile per voi imporvi nel panorama alternative provenendo da un paese come la Francia piuttosto che dagli Stati Uniti o dal Regno Unito?
Non saprei e in realtà non è una domanda che ci poniamo… Ci piace semplicemente fare musica e farla ovunque! Abbiamo la fortuna di essere molto ben accolti sia nella scena psichedelica che in quella heavy, penso che la gente non faccia davvero caso al posto dal quale veniamo.
Chiudiamo con una domanda in qualche modo esistenziale, facciamo i profondi: cosa significa oggi per gli SLIFT fare musica?
È la nostra ragion d’essere, abbiamo deciso di suonare insieme molto tempo fa e ci teniamo fermamente. Non ricordo chi lo ha detto, ma sono d’accordo: un mondo senza musica sarebbe un mondo privo di senso.