23-04-06: Il concerto catanese di Violante Placido è terminato da più di un’ora. All’uscita dal camerino la gentilissima Viola ci raggiunge tra i tavoli dei Mercati Generali per scambiare con noi quattro chiacchiere mentre un nuovo giorno sta pian piano per svegliarsi. La redazione de Il Cibicida è lieta di presentarvi un’intervista a metà tra la celluloide e le sette note. Buona lettura…
Domanda: Come ti sei trovata a raccontare “una storia” attraverso una canzone? Il tuo occhio artistico cosa fotografa, prima, e sviluppa, dopo?
Violante: A mio avviso questo discorso riguarda di più il mestiere del regista che quello della cantante. Nel mio caso poi, ci si trova dinanzi ad un’esperienza che è figlia dell’istinto, utilizzo davvero poca razionalità nel raccontare dei miei mondi. Non sono una persona che con la scrittura ha chissà quale rapporto di confidenza, tant’è che le mie canzoni raramente sono nate da carta e penna… entravo in studio, partiva la musica, io chiudevo gli occhi ed iniziavo a parlare.
Violante: La mia passione per la musica l’ho sempre avuta, sin da piccola. Il progetto è nato idealmente sette anni fa durante il mio soggiorno a Pescara, dove ho avuto la possibilità di conoscere Giulio Corda e Paolo Bucciarelli, rispettivamente cantante e tastierista dei Giuliodorme, con i quali poi sono rimasta in contatto nel tempo fino a quando non abbiamo scoperto che c’era una sensibilità, un’empatia che ci accomunava, e così dopo aver raccolto un po’ di materiale mi sono ripresentata da lui che nel frattempo aveva aperto un’etichetta indipendente, la Benka, e da lì è venuto alla luce “Don’t Be Shy”.
Domanda: Come mai hai scelto questo titolo per il tuo album (la cui traduzione dall’inglese è “non essere timido”, ndr)?
Violante: Ho capito che forse era un po’ il succo di questo viaggio, di quest’avventura sbocciata tardi proprio per quel mio eccessivo pudore nel confrontarmi con la musica stessa. Dopo essermi concessa questa libertà mi sono sentita così leggera come se la musica avesse un effetto terapeutico, ed scoperto che la timidezza a volte può arrivare al punto di essere una gabbia.
Domanda: C’è un modello a cui ti ispiri?
Violante: Molte volte mi accostano a nomi di cantanti che magari poi scopro dopo, io coscientemente non vorrei assomigliare a nessuno e soprattutto, in quanto autodidatta, non ne sarei capace (ride, ndr). Comunque è chiaro che qualunque artista è influenzato da altri, anche John Lennon aveva il mito di Elvis!
Domanda: Sei anche tu dell’avviso che se “Ovunque Sei” fosse stata un produzione francese, non ci sarebbero state “certe critiche”?
Violante: Sicuramente in Francia c’è un rispetto ed un amore per il cinema che in Italia si è ormai perso da tempo. Dai noi c’è un certo egocentrismo da parte di alcuni critici, un comportamento che a volte diventa distruttivo più che altro, e che di fatto non fa altro che sminuire di qualsiasi valore la critica stessa che si pone in essere. “Ovunque Sei” è un film che ha osato, sperimentato e raccontato in modo diverso da come si fa solitamente in Italia, che poi si tratti di un tentativo riuscito o meno, ciò non giustifica certe critiche gratuite.
Domanda: E il pubblico che cosa ne pensa secondo te?
Violante: Il pubblico è contento quando gli fai vedere qualcosa che parla la sua stessa lingua. A volte vuole sperimentare, altre volte no! Ci tengo ad aggiungere che ultimamente gli spettatori italiani hanno sempre più fiducia nei confronti delle produzioni nostrane.
Domanda: A dieci anni dall’uscita di “Jack Frusciante è uscito dal gruppo” è ardito fare una cronistoria del cultmovie italiano?
Violante: Guarda a quest’ora non posso farti un ragionamento nitido e chiaro (ride di gusto, ndr), posso senz’altro dirti che questo tipo di storie, generazionali, sono state proposte attentamente poche volte. A tal proposito è giusto ricordare che “Jack Frusciante…” è uscito in un periodo poche felice per il cinema italiano. Per quanto riguarda gli altri cult citerei “Paz” di De Maria.
Domanda: Mi parli un po’ di “Circonudo”?
Violante: Andrea Bezzicchieri (il regista, ndr), più noto come Franco Losvizzero, è un mio vecchio amico che senza troppi giri di parole considero veramente geniale. Lui le cose le fa così, perché le sente veramente dentro, e da questa sua grande passione per il circo, covata per anni, è venuto fuori “Circonudo”. Al progetto di Andrea io sono approdata casualmente, lui mi ha contattato mentre stavo girando una fiction ed insieme siamo andati da Moira Orfei. Per tre giorni abbiamo vissuto a stretto contatto con clown e domatori, si tratta di persone pazzesche che hanno un sacco di cose da insegnarti e che si comportano come se facessero tutti parte di un’unica famiglia.
Domanda: Hai da poco terminato di girare “La cena per farli conoscere”… come ti sei trovata a lavorare con Pupi Avati?
Violante: E’ stata un’esperienza molto interessante che a mio avviso mi ha fatto anche crescere professionalmente. Pupi è un leone, un regista che ha un suo stile preciso nel guidare la scena. Gli attori per lui devono mantenere un atteggiamento minimalista, privo di gestualità, una posa che deve far trasparire l’interiorità dei personaggi, la loro personale ricerca. Nel film poi (nel cast figurano anche Vanessa Incontrada, Ines Sastre e Diego Abatantuono, ndr) interpreto una persona molto lontana da me, una giovane donna, sposata, molto borghese… e questo ha reso tutto ancora più affascinante.
Domanda: Domanda di rito per il nostro sito: se ti dico Cibicida cosa ti viene in mente?
Violante: Uno spray…
* Foto a cura di Emanuele Brunetto
A cura di Vittorio Bertone