Che c’è di nuovo? C’è che il periodo stavolta è buio davvero (non che servisse, ma Agnelli lo ripete da un bel po’ di tempo anche nei suoi album), c’è che gli spazi dedicati alla cultura nel nostro Paese cadono ogni giorno come soldati al fronte. C’è che – dev’essersi detto Manuel – se non prova a smuovere le acque chi ha una visibilità già acquisita, col cavolo che si esce fuori dalla melma. E lui e la sua band non si sono mai tirati indietro quando c’è stato da esporsi, da spendere parole anche dure, bisogna dargliene atto. Dunque non solo musica, non solo “canzoni”: dentro letteratura, avanguardia, teatro, reading, installazioni e chi più ne ha più ne metta. Arte a 360 gradi.
Tre le occasioni d’incontro programmate: all’interno del Traffic Festival di Torino la prima, all’Auditorium Parco della Musica di Roma la seconda e, infine, la tappa conclusiva all’Alcatraz di Milano. Per la data finale c’è anche il sodalizio col “Revolution Festival” di Soleterre, ONLUS operante nel sociale cui verranno interamente destinati i ricavi della serata.
Furbescamente – ma ci sta, decisione più che saggia – già l’apertura, alle ore 19.00, è affidata ad un primo set degli stessi Afterhours. Agnelli e soci tornano a esibirsi nella loro città così come s’erano congedati mesi fa al Factory, ovvero di bianco vestiti. Mezz’ora d’antipasto, giusto per scaldare una platea già numerosa, in cui la band propone una manciata di brani (tra cui una Costruire per distruggere che si fa sempre più superba ad ogni nuova esecuzione).
Gli OvO di Bruno Dorella e Stefania Pedretti valgono da soli serata e prezzo del biglietto: Dorella in canottiera nera, gonna nera e maschera d’ordinanza, Pedretti immobile con la sua chitarra e i rasta lunghi fino ai piedi. Impatto visivo malvagio che, unito al drumming forsennato (Dorella sembra il protagonista di un horror-splatter per come picchia le pelli) e ad una voce gracchiante, spazza via qualsiasi velleità melodica dei presenti.
Dopo un paio di performance teatrali e di danza, che avvengono negli altri spazi ricavati all’interno dell’Alcatraz, tocca ai Marta Sui Tubi. La sala è adesso piena e i siciliani danno come sempre il massimo sul palco, ci sono Dispari (presentata all’ultimo Sanremo), un brano per un po’ di pogo – come annunciato dallo stesso Gulino – come L’unica cosa, poi Cromatica e il finale affidato a Vorrei.
Il set principale della serata, il secondo degli Afterhours, ha inizio poco dopo le 22.00, giusto il tempo di consentire ai ragazzi della ONLUS di presentare il proprio progetto e fare i ringraziamenti di rito sul palco principale dell’Alcatraz. Gli Afterhours cambiano pelle e adesso sono tutti in abito scuro. La partenza è al fulmicotone con Veleno e La verità che ricordavo. Poi tocca ai primi guest della serata, Il Teatro degli Orrori: Pierpaolo Capovilla si piazza al centro e via con Lasciami leccare l’adrenalina, poi Dea e infine Lezione di musica (pezzo de ITDO). Scelta, quella dei brani, perfetta per mettere insieme due band decisamente diverse fra loro.
La vedova bianca è l’intermezzo prima dei secondi guest. Salgono di nuovo sul palco i Marta Sui Tubi. «E’ fantastico essere qui sul palco con gli Afterhours e cantare una canzone come questa… è come cantare “Hey Joe” con Jimi Hendrix», dirà Gulino dando inizio alla sua interpretazione di Voglio una pelle splendida. Poi è la volta de L’abbandono (brano dei siciliani) e Non è per sempre, mentre torna sul palco un “amico speciale”, l’ex membro degli Afterhours Dario Ciffo: «Sono cinque anni che non la suoni», scherza Agnelli riferendosi al pezzo seguente, 1.9.9.6.
Padania anticipa Ballata per la mia piccola iena: cominciano gli Afterhours, poi sul finale entra in gioco ancora un ospite, Giuliano Sangiorgi dei Negramaro, ad alternarsi alla voce con Agnelli. Il cantante della band pugliese esegue la sua Casa 69, per poi cimentarsi in uno dei pezzi più belli mai usciti dalla penna di Agnelli: Quello che non c’è. L’effetto che fa il sentirla intonare da un’altra voce è strano, ma il risultato non è poi così male.
Manca solo l’ultimo dei guest annunciati, il pubblico lo sa bene e inneggia al suo nome: Piero Pelù. Bungee Jumping, così, è solo un momento di passaggio prima dell’arrivo del frontman dei Litfiba. La batteria marziale di Giorgio Prette comincia a pestare, Pelù entra in scena istrionico per come lo si conosce ed è la volta di Guerra (proprio dei Litfiba). Dopo una Male di miele in cui Pelù dà sfoggio del suo ormai noto “abuso” di vocali, tocca a Toro Loco, altro pezzo della band toscana. Abbracci, saluti, presentazioni reciproche e diritti verso il finale: Bye Bye Bombay e una struggente Ci sono molti modi con Agnelli al piano.
La serata, come ricorda lo stesso Agnelli rivolgendo le ultime parole al pubblico, prevede ancora tanto altro fino a tarda notte: su tutti il reading di Pierpaolo Capovilla (che nel frattempo si aggira per la sala alla ricerca di chissà cosa) e una performance teatrale cui parteciperanno gli stessi Afterhours in vesti assai insolite per loro.
Il successo dell’esperimento “Hai Paura Del Buio?”, data l’affluenza registrata in tutte e tre le tappe e un’organizzazione impeccabile, risulta indubbio: aumentare il numero di date e coprire meglio il territorio nazionale potrebbe diventare l’obiettivo di una prossima edizione del festival.