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Home LIVE REPORT Micah P. Hinson @ Monk, Roma (13/04/2016)

Micah P. Hinson @ Monk, Roma (13/04/2016)

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È diventato lapalissiano sottolineare l’eccezionale parabola umana e artistica di Micah P. Hinson, da tredici anni nell’Olimpo dei grandi songwriter a stelle e strisce. Trentacinquenne, sei album alle spalle, un incidente che nel 2011 ha rischiato di portarlo via per sempre. O di portargli via, per sempre, l’utilizzo delle braccia. Non stupitevi, dunque, se poterlo vedere oggi tenere il palco in maniera eccelsa sia commovente. Se il suo ultimo “Micah P. Hinson And The Nothing” è un grande album. Se ha scelto di renderlo, nel suo mini-tour italiano, assoluto protagonista assieme all’esordio “Micah P. Hinson And The Gospel Of Progress”.

La serata si apre poco prima delle 22:00 col giusto opening Dola, cantautore nato nel Lazio e cresciuto a suon di pane e americana. Sul palco, più che su disco, ricorda un po’ The Tallest Man On Earth: voce graffiante, tanto ritmo ed energia. L’ultima apparizione solista si registrava nell’ormai lontano 2012: difficilmente farà fatica a girare il paese col nuovo “The Drug Years” – o almeno glielo auguriamo. Ascoltare il singolo “Makin’ plans” per credere.

Quarantacinque minuti più tardi, ecco il turno di Sua Eccellenza Micah: sigaretta in bocca as usual, bastone accanto as well. Lo accompagna una band d’eccezione che ben sostiene le sue (cattive) intenzioni: «Questa sera suonerò a volumi più alti di come siete abituati. Arriva sempre il momento di suonare più forte». E allora via con l’intro punk di How Are You, Just A Dream, per poi virare sui toni costantemente elettrici ma più tenui di As You Can See. Da grande storyteller qual è, Hinson intrattiene il pubblico raccontando spesso e volentieri la genesi dei propri pezzi, come nel caso di The Life, Living, Death And Dying Of A Certain And Peculiar L. J. Nichols, altrimenti e più semplicemente suo nonno. Traccia dopo traccia e cenere su cenere, il cantautore statunitense incanta i presenti, forte di un repertorio eccezionale e coeso: dalle splendide Beneath The Rose e On The Way Home – To Abilene al dittico tratto da “Micah P. Hinson And The Opera Circuit”: It’s Been So Long / Diggin A Grave.

Si chiude in bellezza con la magnifica, prolungata Don’t You, Pt. 1 & 2, per poi giungere a un encore inizialmente condotto in solitaria. Dalla lividissima Take Off That Dress For Me si arriva alla chiosa, nuovamente con band annessa, all’insegna del tripudio del classico Patience. «And I’m packing up my night bag / And I’ll be on my way / Cause you better find me sometime / When you have more to say». Esistono artisti – pochi – che strozzano il fiato in gola ad ogni ascolto.

SETLIST: How Are You, Just A Dream – As You Can See – The Life, Living, Death And Dying Of A Certain And Peculiar L. J. Nichols – Beneath The Rose – On The Way Home – To Abilene – Close Your Eyes – It’s Been So Long – Diggin A Grave – The One To Save You Now – Don’t You, Pt. 1 & 2 —encore— Take Off That Dress For Me – Seven Horses Seen – Patience 

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