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The Winstons @ Camera a Sud, Bitonto (BA) (29/01/2016)

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Si può andare a sentire i The Winstons e rimanere colpiti dai vestiti stravecchi, le pellicce, i foulard, le gelatine, i baffi o quel fare da intrattenitori di qualche decade fa. Sì può rimanere a guardarli e rimanere divertiti solo da questo, dalla macchina del tempo che si accende e conduce lo spettatore ad uno di quei club londinesi della fine degli anni ’60, club che probabilmente dopo l’onda psichedelica hanno chiuso o hanno dismesso i proiettori di anemoni e immagini lisergiche e i fari acidi. Uno per tutti, l’UFO. E si può continuare guardando il Rhodes, il Rickenbacker consunto e gli altri strumenti che, secondo una nomenclatura molto in voga oggi, sollevano un alito vintage.

Si può stare così di fronte al trio Enro-Rob-Linnon Winstons ma è davvero poco. Perché l’esperimento di questa nuova formazione di musicisti professionisti è uno spettacolo di creatività e stile, di originale citazione del passato progressive e psichedelico britannico e di superamento della stessa pura citazione. I Winstons giocano dentro la cornice musicale di quello che fu lo splendore della scena inglese a cavallo tra i Sessanta e i Settanta ma lo fanno con un sorriso sulle labbra (un po’ alcolico, un po’ allucinato), svelando che quella cornice in realtà è solo un pretesto per fare arte di irriducibile ispirazione davanti a una tastiera, un sax alto, una batteria e un basso. Chiunque altro farebbe un gran casino o roba tanto complicata quanto inudibile, loro compongono e suonano dal vivo con classe, inventiva e quella strana ritmica smania che al rocker non può mancare.

Gabrielli (Enro Winston, pardon) è padrone delle tastiere e dei synth in brani come A Reason For Goodbye e …On A Dark Cloud (conclusa questa con una godibilissima improvvisazione), così come del flauto traverso in Play With The Rebels e del sax in Diprotodon. Gitto (o, meglio, Linnon Winston) dipana il suo groove sottolineando ogni contrappunto e cambio, mentre costruisce il più delle volte l’impalcatura vocale dei brani, come in Nicotine Freak. A Dell’Era (Rob Winston), che agita nell’aria il suo sguardo magnetico e si dimena, spetta invece la voce principale in brani come She’s My Face e il lisergico basso in tutti i brani, meno quelli in cui suona la dodici corde. “L’importante è non avere l’accordatore, perché viene tutto meglio!”, ricorda il bassista a tutti i musicisti in sala e altre raccomandazioni effervescenti animano gli intermezzi tra le canzoni.

Le vibrazioni elettriche si raccolgono nell’aria, accolte dalle misteriose volte in pietra del locale, e l’atmosfera rimane intatta anche quando subentra alle tastiere Linnon e Enro alla batteria in Dancing In The Park With A Gun, con una dedica speciale a Robert Wyatt, fondatore dei Soft Machine. E non può mancare il ricordo del mito Bowie con l’interpretazione di Changes, ultimo brano della serata, compreso nel bis concesso a una platea che non si può trattenere dal cantare e dal muoversi insieme alla band, e una cover di I Know What I Like (In Your Wardrobe) dei Genesis, che infervora il pubblico degli appassionati. Questo sono i Winstons dal vivo e noi continuiamo a credere nella loro nuvola rossa di genio e carattere.

SETLIST: Nicotine Freak – Diprotodon – Play With The Rebels – …On A Dark Cloud – She’s My Face – A Reason For Goodbye – Dancing In The Park With A Gun – I Know What I Like (In Your Wardrobe) (Genesis cover) – Number Number – Tarmac —encore— Viaggio nel suono a tre dimensioni – Changes (David Bowie cover)

Assediato da un’infaticabile pigrizia, coltiva aspirazioni a iosa, tra cui scrivere, cantare e diventare medico. Sa di essere alla ricerca di un modo onesto e grande di vivere da sempre, almeno da quanto ricordi. Il suo cuore batte un tempo rock con un’extrasistole alternative inguaribile. Nelle vene torbido sangue blues.

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