Dopo quattro anni di assoluto silenzio (eccezion fatta per la bondiana “Skyfall”), dunque, nessuno si aspettava davvero che Adele Adkins potesse in qualche modo scegliere di variare una formula inattaccabile, tanto artisticamente quanto commercialmente. E 25, infatti, già a partire da Hello, singolo apripista che inaugura l’album, è una carta d’identità che parla più chiaro di qualsiasi scartoffia. L’effetto sorpresa, l’originalità ad ogni costo, non sono colpi da cercare in quest’artista, ma il mestiere, la classe e la superiorità con cui fa sembrare facile qualcosa che così facile non è, quelli sì che fanno la differenza.
Le tesi di tanti detrattori, che da sempre fanno leva sulla monotonia delle composizioni di Adele, con questo terzo lavoro dell’inglese perdono definitivamente credibilità: innanzitutto perché, sebbene l’amore e il distacco restino pur sempre le tematiche principali, qui è l’approccio stesso dell’artista a mutare, non c’è spazio per l’autocommiserazione né per le lacrime, né tantomeno per la rabbia. Quella di “25” è una Adele matura che mostra a se stessa e agli altri di aver vinto certi angoscianti fantasmi.
Anche musicalmente sono diversi e multicolore i caratteri del disco, ben più che nel predecessore: il dinamismo percussivo di Send My Love (To Your New Lover), la raffinatezza sintetica di I Miss You e Water Under The Bridge (le gemme pop più lucenti della tracklist), i bassi intraprendenti della malinconica When We Were Young (nata dalla collaborazione con Tobias Jesso Jr.), il classicismo di Remedy e degli archi che condiscono la ballata Love In The Dark (momenti che ricalcano più da vicino “21”), quel gospel contemporaneo che è River Lea (c’è lo zampino di Danger Mouse alla produzione), la semplicità della chitarra acustica della struggente Million Years Ago e del piano di All I Ask e poi, proprio nel finale, Sweetest Devotion che regala al disco l’apertura ariosa tanto cercata.
Se si dà per assodata la difficoltà di essere classici senza risultare banali, Adele e “25” vincono ancora una volta la sfida a mani basse, coniugando il sapore retrò dello stile e dei riferimenti della Adkins a una produzione moderna e freschissima, che attestano Adele come una delle poche Dive con la D maiuscola ancora in circolazione.
(2015, XL / Columbia)
01 Hello
02 Send My Love (To Your New Lover)
03 I Miss You
04 When We Were Young
05 Remedy
06 Water Under The Bridge
07 River Lea
08 Love In The Dark
09 Million Years Ago
10 All I Ask
11 Sweetest Devotion
IN BREVE: 4,5/5
Lo trovo ributtante, come trovai ributtante 21, come trovai patetico 19. Voce ottima, cantante pessima. Pessima.
Pezzi banali, pop datato e ripetitivo, argomento monocorde, arrangiamenti fotocopia della generazione dei talent.
Per me, si capisce, solo e soltanto per me, un abominio.
A prescindere dal gusto personale mio, lo ritengo proprio tecnicamente un abominio.
Come ritengo lei una pessima, terribile cantante dall’ottima voce.
Ma se fai un giro per i pub di Londra, Berlino, New York, Barcelona, e quello che è, di splendide voci ne senti quante ne vuoi.
Cazzo, persino la fighetta che ha sostituito Mercury nella ultima, pateticissima, versione dei Queen ha un’ottima voce. Mengoni ha un’ottima voce. AL BANO ha un’ottima voce.
Essere un ottimo cantante, però, è tutt’altra storia.
Per non parlare del saper scrivere musica pop.
In disaccordo più totale.