Un vaso di esistenza scoperchiato già nel 2014 con “Do The Beast” (che veniva dopo ben sedici anni di letargo) e oggi rispolverato ancora una volta con In Spades che è un disco vivo, a dispetto di altri vecchi progetti restaurati per ragioni meramente d’opportunità. Un disco vero, “In Spades”, che potrebbe essere il primo disco degli “Afgani” per come si staglia su pelle e strumenti dei nostri. Dulli smuove pancia e polmoni. L’album è una miscellanea di epos, soul e rock indelebile.
Oriole (uno dei singoli dell’album) s’apre lenta e acustica nei suoi leggerissimi arpeggi, poi accelera a cavallo di archi ed elettricità fino all’esplosione di voglia con Greg che ritrova gli umori più agrodolci che ha. Il pop di Demon In Profile, la tenera decadenza di Toy Automatic, il funky di Light As A Feather sono viaggi nel tempo di un autore disperato e disparato. Proprio come il pianoforte e le stonature esistenziali di I Got Lost che sono un viatico meraviglioso per la bellezza.
Musicalmente, gli “Afgani” tengono alte le frequenze, ma non rinunciano mai alla sofisticatezza. Ed il finale (appunto) in grandissimo stile è affidato a Into The Floor. Una canzone bella, triste, totale, definitiva. Come quelle che ci piacciono quando amiamo la vita fino a soffrirne come bestie. Non chiudete più il vaso degli Afghan Whigs, fatelo per loro, fatelo per noi.
(2017, Sub Pop)
01 Birdland
02 Arabian Heights
03 Demon In Profile
04 Toy Automatic
05 Oriole
06 Copernicus
07 The Spell
08 Light As A Feather
09 I Got Lost
10 Into The Floor
IN BREVE: 4/5